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Adi 2 di marzo 1590 porta fornita : Rupe, il granaio di Ragusa (Dubrovnik)

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MEFRIM – 120/ 2 – 2008, p. 569-580.

——————— Stefano D’Atri, Università degli studi di Salerno. Dipartimento di Scienze storiche e sociali, Fisciano (Italia), sdatri@ unisa. it.

*. Questo articolo nasce come una messa a punto di alcune questioni riguardanti Ragusa e il mercato del grano nel Mediterraneo in età moderna all’interno di una più vasta ricerca, di prossima pubblicazione, che sto conducendo da quattro anni su fonti dell’Archivio di Dubrovnik. Ringrazio Ana Marinkovic ´ , Lovro Kunc ˇ evic ´ , Relja Seferovic ´ e Vesna Miovic ´ per aver discusso con me alcune questioni e, soprattutto, Diana Rajic ´ per il suo contributo nella ricerca della bibliografia croata utilizzata per questo lavoro. 1. Per il Regno di Napoli si veda barone Durini, Delle fosse da conservar grano usate nel Regno di Napoli, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, vol. XVII, Napoli, 1838, p. 107-112 e, in particolare, C. De Troia, Il piano delle Fosse di Foggia e quelli della Capitanata, Foggia, 1992. 2. Il ruolo che Ragusa raggiunse e seppe mantenere per buona parte dell’età moderna è legato proprio al suo essere il «centro di un grande sistema con funzioni statali, giuridiche, ecclesiastiche e, soprattutto, commerciali e finanziarie » : R. Samardz ˇ ic ´ , Ragusa come sistema di funzioni, in A. Di Vittorio (a cura di), Ragusa e il Mediterraneo : ruolo e funzioni di una repubblica marinara tra Medioevo ed Età moderna, Bari, 1990, p. 3-11, p. 3. Per una ricognizione storiografica su Ragusa si veda ora S. d’Atri, Ragusa (Dubrovnik) in età moderna : alcune considerazioni storiografiche,

in Società e storia, 109, 2005, p. 599-609. 3. Ancora di più, quindi, colpisce la quasi totale assenza di studi specifici sull’argomento, fatta eccezione per un piccolo articolo pubblicato più di cinquant’anni fa (L. Beretic ´ , Dubrovac ˇ ka z ˇ itnica «Rupe » , in Dubrovnik, 2-3, 1956, p. 70-73) e la breve ricostruzione della storia delle fosse della Repubblica che si trova nel capitolo dedicato all’alimentazione in R. Jeremic ´ e J. Tadic ´ , Prilozi za istoriju zdravstene kulture starog Dubrobnika, I, Belgrado, 1938, p. 27-35. Uno scarso interesse che contrasta con la maggiore attenzione dimostrata da altre discipline : se il primo contributo compare all’interno di una rivista di architettura (D. Z ˇ ivanovic ´ e D. Vucovic ´ , Dubrovac ˇ ka Z ˇ itnica «Rupe » , in Urbanizam i Arhitektura, 3-4, 1950, p. 48-50), l’ultimo è un’affascinante comparazione – proposta da uno dei maggiori storici dell’arte croato – tra la Rupe e le cisterne del Palazzo di Diocleziano a Split (R. Ivanc ˇ evic ´ ,

Dubrovac ˇ ka z ˇ itnica Rupe i podrumi Dioklecijanove palac ˇ e, in

Dubrovnik, 4, 1995, p. 233-241). 4. Drz ˇ avni Arhiv u Dubrovniku [ DAD], serie XXVII, Lettere e commissioni, 1. Lettere di Levante [ LL], vol. 29, fol. 129v. 5. Quella citata è una lettera del 28 ottobre 1563 destinata a Paolo di Giovanni de Menza, inviato a Napoli per comprare la tratta necessaria all’estrazione di 500 carra di grano dalla Puglia (cfr. infra, nota 61).

Adi 2 di marzo 1590 porta fornita

Rupe, il granaio di Ragusa (Dubrovnik) *

Stefano D’ATRI

Alla mia fata dei monti

La scritta riportata nel titolo compare sulla porta del Museo etnografico di Dubrovnik, quello che familiarmente viene chiamato Rupe. E sì, perchè il piccolo museo dedicato alle tradizioni e alla cultura popolare, un tempo era il granaio della Repubblica di Ragusa. Rupa, infatti, in croato significa fossa e, almeno a partire dal tardo Medioevo, a Ragusa il grano veniva conservato in pozzi scavati nel terreno, secondo una consuetudine comune a molte aree del Mediterraneo1. La storia della costruzione del granaio è lunga e scandisce le emergenze annonarie della Repubblica. Ma è anche una storia – come avremo modo di vedere – che ha alcuni aspetti non completamente risolti e che chiama in causa l’intero sistema raguseo2, tanto da potere essere utilizzata anche come strumento euristico per analizzare la struttura economico-politica di Ragusa in età moderna3. «[...] essendo lo Territorio n[ ost] ro privo di fr[ umen] ti per essere questi luoghi n[ ost] ri sterili, e sassosi » 4 : se quello del paese povero e bisognoso era senza dubbio uno dei più ricorrenti stereotipi autorappresentativi utilizzati strumentalmente da Ragusa5, non vi è alcun dubbio che la città fosse situata in un territorio povero e – se escludiamo l’area di Konavle – poco adatto alla coltivazione. La Repubblica, perciò, importava grano (e non solo) per il proprio fabbisogno alimentare : «Le navi, e il mar, son’ invece à Raugia, di campi e d’oliveti [...] » scriverà Serafino Razzi a fine ’ 500, aggiungendo che «à questa

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