Vol. 22, n. 2, maggio 2023

RICERCHE, PROPOSTE E METODI

Alto potenziale e plusdotazione tra dono eccezionale e difficoltà

Una ricerca sulla percezione e sulle esperienze dei docenti1

Giorgia Ruzzante2 e Alessia Travaglini3

Sommario

La tematica dell’alto potenziale e della plusdotazione è ancora poco approfondita in Italia. Nonostante si stimi che gli allievi con questo profilo cognitivo rappresentino circa il 5% degli studenti italiani, tale bisogno educativo speciale è ancora scarsamente conosciuto e riconosciuto. Ne consegue che spesso gli allievi ad alto potenziale o con plusdotazione vivono una situazione di estraniamento rispetto al contesto scolastico, noia e demotivazione. Per indagare come questo fenomeno è percepito e conosciuto dai docenti italiani, le autrici hanno svolto un’indagine esplorativa tramite questionario per raccogliere le loro riflessioni ed esperienze in merito. I risultati ottenuti evidenziano, oltre a una scarsa conoscenza della plusdotazione, la difficoltà della scuola nel predisporre ambienti di apprendimento stimolanti attraverso metodologie attive e partecipative.

Parole chiave

Plusdotazione, Talento, Inclusione, Formazione docenti.

RESEARCH, PROPOSALS AND METHODS

High Potential and Giftedness: From Exceptional Gifts to Difficulties

A Study on the Perception and Experiences of Teachers

Giorgia Ruzzante4 and Alessia Travaglini5

Abstract

The issue of giftedness is still poorly understood in Italy. Although it is estimated that pupils with this cognitive profile represent about 5% of Italian pupils, this special educational need is still poorly known and recognized. Thus, students with high potential or with surplus endowments often experience a situation of estrangement from the school context, boredom and demotivation. To investigate how this phenomenon is perceived and understood by Italian teachers, the authors carried out an exploratory survey using a questionnaire to collect their reflections and experiences on the matter. The results obtained highlight, in addition to a lack of knowledge of giftedness, the difficulty of the school in setting up stimulating learning environments through active and participatory teaching strategies.

Keywords

Giftedness, Talent, Inclusion, Teacher training.

Introduzione

La plusdotazione è un tema interdisciplinare che coinvolge sia la pedagogia sia la psicologia, ponendo una forte sfida alla didattica inclusiva. Pensando al termine «inclusione», occorre fare riferimento agli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES). Il Bisogno Educativo Speciale è identificato come «qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e/o apprenditivo, che consiste in un funzionamento problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata» (Ianes e Macchia, 2008, pp. 22-23).

Questa definizione, che ha avuto una notevole risonanza e applicazione nell’ambito educativo e non solo, ha esteso l’attenzione dal mero ambito dei Bisogni Educativi Speciali, prima circoscritti entro criteri puramente nosografici, al ruolo dell’ambiente che, secondo la prospettiva della Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF; OMS, 2013), può avere una notevole rilevanza nell’insorgenza e nello sviluppo di difficoltà individuali (Ianes e Cramerotti, 2013).

Accostando le due espressioni «alto potenziale e plusdotazione» e «difficoltà evolutiva», si potrebbe avere l’impressione di trovarsi di fronte a un ossimoro, ossia a due aspetti tra di loro inconciliabili. Questo perché, nell’immaginario collettivo, disporre di elevate doti intellettive è considerato un dono — da qui la diffusione del termine giftedness per indicare la plusdotazione — che colpisce una percentuale piuttosto ridotta di individui e che non richiede l’adozione di interventi educativi specifici.

Egle Becchi (in Brazzolotto, 2020) a tal proposito evidenzia come la persistenza di un atteggiamento «romantico» associato alla genialità abbia ostacolato uno studio sistematico e mirato sullo sviluppo del talento. Questa credenza non è tuttavia confermata dai dati riguardanti gli studenti con plusdotazione, per i quali spesso ci si trova di fronte a una situazione di underachievement (sottorendimento), derivante da fattori di diversa natura quali, ad esempio, la scarsa motivazione, le difficoltà emotive e la scarsa padronanza di strategie metacognitive (Sandri e Brazzolotto, 2017).

Negli ultimi anni si sono sviluppate un’attenzione e una consapevolezza maggiori sul tema sia nelle famiglie sia negli insegnanti, anche se manca ancora una normativa specifica che possa fungere da cornice strutturale, capace di connettere in rete le diverse associazioni che operano sul tema, distribuite, tra l’altro, in maniera disomogenea sul territorio nazionale.

Esse dedicano le loro attività ad allievi ad alto potenziale o con plusdotazione, supportando docenti e famiglie nell’educazione scolastica ed extrascolastica degli allievi gifted. Offrono attività di potenziamento intellettivo per permettere agli studenti di raggiungere il successo formativo, nonché di instaurare relazioni positive con i pari (Zanetti, 2017). Ricordiamo, ad esempio, associazioni come Step.net, Gateitaly, Aget Italia, ecc.

Nonostante ciò, tra gli insegnanti italiani sembra non essere ancora maturata pienamente la consapevolezza dell’importanza che la scuola assume in merito all’identificazione degli alunni gifted, condizione necessaria, secondo una normativa tuttora basata su una corrispondenza quasi biunivoca tra Bisogno Educativo Speciale e strutturazione di un percorso adeguato (Bocci, 2015, 2016), per la creazione di un percorso scolastico personalizzato. Il contesto, scolastico in primis, riveste infatti un ruolo essenziale nel riconoscimento e nella valorizzazione dello studente gifted.

La difficile definizione della plusdotazione

La plusdotazione è una questione «sfuggente», che difficilmente può essere classificata in maniera univoca. Come il termine «disabilità», anche questo sostantivo rappresenta un termine ombrello, che racchiude molteplici sfaccettature e accezioni. Non è un caso, pertanto, che abbia ricevuto nel tempo definizioni contrastanti, che hanno focalizzato l’attenzione su aspetti di natura sia quantitativa sia qualitativa. Uno dei primi parametri che è stato considerato dalla letteratura è quello che fa riferimento al quoziente intellettivo: Terman, ad esempio, identifica la giftedness con la presenza nei bambini di doti intellettuali eccezionali (Tavolo Tecnico Scientifico Regione Veneto, 2015).

Accanto a criteri di tipo psicometrico si riscontrano tuttavia anche elementi di tipo qualitativo. A tal proposito, le Linee Guida per gifted children elaborate dal Comitato Tecnico Scientifico presieduto da Lucangeli precisano che la giftedness «appare come una complessa costellazione di caratteristiche personali e comportamentali che si esprimono in modi differenti» (Tavolo Tecnico Scientifico Regione Veneto, 2015, p. 10). Pertanto, oltre al concetto di intelligenza, è utile soffermarsi su alcuni concetti-chiave quali, ad esempio, talento e creatività, che sono stati utilizzati dalla letteratura scientifica internazionale e italiana, per delineare modelli teorici della plusdotazione tra loro diversificati: Renzulli (1976), ad esempio, identifica nel modello dei tre anelli le componenti essenziali della plusdotazione, che corrispondono a creatività, determinazione e abilità sopra la media. La creatività, in particolare, assume un ruolo rilevante in quanto rappresenta «il processo con il quale si sviluppano idee originali che hanno valore» (Robinson, 2015, p. 14).

Reis e Renzulli (2010) a tal fine hanno elaborato una serie di scale, recentemente validate in lingua italiana (Sorrentino e Pinnelli, 2021), volte a identificare i talenti degli allievi in relazione alle seguenti aree: apprendimento, creatività, motivazione, leadership, attitudine artistica, comunicazione-precisione, comunicazione-espressività, pianificazione, scienza, tecnologia, lettura, matematica, musica, teatro, attraverso l’indicazione della frequenza con la quale si è osservato negli studenti quel determinato comportamento o quella determinata abilità nei sei mesi precedenti.

Gagné a sua volta definisce il talento come «il possesso di abilità o conoscenze che sistematicamente l’individuo sviluppa in un campo specifico» (2004, p. 120). Differenti sono anche gli strumenti finalizzati a identificare i talenti di ogni allievo. Secondo Tennebaum un bambino plusdotato ha in sé le potenzialità per produrre idee originali in vari ambiti (Olivieri, 2018). Pertanto, come evidenziato da numerosi studiosi (Lucangeli, 2019; Milan, 2022), la plusdotazione non si identifica esclusivamente tout court né con un QI elevato, né con il raggiungimento di particolari prestazioni.

Secondo Zanetti la plusdotazione può essere «definita come una costellazione di capacità e abilità proprie dell’individuo, che gli permettono di mostrare un eccezionale livello di performance in uno o più domini» (Zanetti, 2020, p. 891). Nella promozione del talento, gli aspetti emotivi giocano un ruolo significativo. Lucangeli a tal fine ricorda che, per poter valorizzare pienamente il talento dell’alunno, «la plusdotazione non può prescindere dalla considerazione degli aspetti emotivi, motivazionali, relazionali e sociali che caratterizzano la vita del bambino, in quanto ciò facilita la realizzazione del potenziale stesso e la conseguente attuazione in performance elevate» (Lucangeli, 2019, p. 29). Spesso, infatti, negli alunni gifted si riscontrano profili disarmonici, in quanto lo sviluppo intellettivo non sempre procede di pari passo con quello emotivo.

Inoltre, come ricorda Pinnelli (2019), il costrutto di plusdotazione dipende dal contesto storico e culturale. La possibilità di usufruire di un contesto educativo adeguato rappresenta, in particolare, una delle prime sfide con cui si deve confrontare la giftdness e non solo. Lo scopo dei sistemi educativi è infatti quello di permettere a ciascuno studente e a ciascuna studentessa il massimo sviluppo delle proprie potenzialità. Margiotta (2018) a tal fine precisa che è compito delle istituzioni formative promuovere il talento di ognuno, offrendo agli allievi la possibilità di costruire reti di padronanza significative.

In ambito europeo, varie sono le misure educative finalizzate a promuovere tutte le forme di plusdotazione a scuola. Nel 2006 Eurydice, nel documento Specific Educational Measures to Promote all Forms of Giftedness at School in Europe, ha presentato le politiche educative adottate dai diversi Paesi nei confronti degli allievi riconosciuti con talento. A tal proposito, è importante osservare che i termini usati per parlare di questi ultimi sono diversi: in UK gitfed viene utilizzato in contesti intellettuali e accademici, mentre talented si riferisce alle arti e allo sport. In Germania si usa il termine gifted (dotato), mentre in un gruppo più ampio di Paesi (Italia, Austria, Repubblica Ceca) si fa riferimento indifferentemente a gifted e/o talented (con talento).

Differenti sono anche le politiche educative adottate dai diversi Paesi, che si estrinsecano in diverse politiche e scelte di natura didattica. In Paesi come Spagna, Francia e Portogallo gli alunni gifted vengono inclusi nella categoria dei soggetti con Special Educational Needs. Molte delle misure educative per gli alunni gifted vengono attuate all’interno del sistema scolastico, spesso in sinergia con l’extrascuola. A queste si aggiungono attività più complesse ed eterogenee come, ad esempio, l’utilizzo di gruppi di livello o gruppi separati, attività fuori dal contesto scolastico e il fast tracking, ossia la possibilità di completare più rapidamente il percorso di studio.

La scuola italiana da poco tempo ha cominciato a interrogarsi rispetto alle modalità per costruire un contesto inclusivo in presenza di alunni gifted, che costituiscono un numero consistente di studenti, corrispondente a una percentuale che va approssimativamente dal 2 al 5%, pari a circa uno per classe (Tavolo Tecnico Scientifico Regione Veneto, 2015).

La nota MIUR n. 562 del 3 aprile 2019, volta a fornire chiarimenti in merito agli alunni con Bisogni Educativi Speciali, ha cercato di offrire una prima risposta alla questione, dedicando un paragrafo agli alunni ad alto potenziale intellettivo. A tal fine, si precisa che le scuole possono considerare tali alunni come rientranti nell’ampia categoria degli allievi con «Bisogni Educativi Speciali», prevedendo «la possibilità da parte del team docenti/consiglio di classe di predisporre un PDP (Piano Didattico Personalizzato) in presenza di eventuali situazioni di criticità con conseguenti manifestazioni di disagio» (p. 3).

Le ragioni di una maggiore sensibilizzazione da parte degli studiosi rispetto alla plusdotazione sono da ricercare in una più attenta osservazione dei ragazzi e in una maggiore consapevolezza rispetto al tema. Cornoldi (2020), nel sottolineare la scarsa diffusione in Italia di studi sulla plusdotazione, ipotizza tre motivi: la tendenza della psicologia a occuparsi maggiormente delle difficoltà di apprendimento; l’accostamento con lo studio dell’intelligenza tradizionalmente oggetto di studio della psicometria; la difficoltà nello studiare un costrutto difficilmente definibile in modo univoco.

Nonostante l’interesse da parte del mondo accademico, è possibile affermare che oggi in Italia, a differenza di molti Paesi europei e del mondo, manca ancora una legislazione specifica in materia: questo sicuramente rende più difficile dare luogo a un adeguato riconoscimento da parte dei docenti, nonché l’adozione di azioni strutturali di formazione per il personale scolastico (De Angelis, 2017), che rappresenta sicuramente un tema complesso, soprattutto nelle situazioni in cui la plusdotazione viene «nascosta» dalla presenza concomitante di altre tipologie di disturbi nel neurosviluppo, come ad esempio un disturbo specifico dell’apprendimento o un disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Maulucci, 2022). Il riconoscimento è infatti il primo passo per l’adozione di strategie didattiche adeguate. Ne consegue che l’individuazione e la predisposizione di un percorso scolastico sono affidate spesso alla sensibilità e alla formazione delle singole scuole e dei singoli docenti.

Al pari degli alunni con difficoltà di apprendimento, anche per gli studenti con alto potenziale intellettivo è infatti necessario attuare opportune personalizzazioni della didattica, al fine di scongiurare il pericolo maggiore che è la perdita di motivazione e la disaffezione nei confronti delle attività scolastiche. Come sottolineano Reis e Renzulli (2010), i Bisogni Educativi Speciali degli alunni con plusdotazione spesso non vengono presi adeguatamente in considerazione.

L’adozione di una didattica personalizzata costituisce infatti il fattore chiave per rendere possibile un vissuto scolastico positivo per tali studenti. I principi della didattica inclusiva, che implicano l’adozione per tutta la classe di modalità didattiche capaci di valorizzare i talenti e i differenti stili di apprendimento presenti in aula, e la necessità di elaborare curricula inclusivi che tengano in considerazione anche le necessità di individualizzazione e personalizzazione della didattica che hanno gli studenti gifted, dovrebbero trovare una più ampia applicazione nella prassi didattica e nell’agire dei docenti.

Come afferma Sgambelluri, «per poter valorizzare i talenti sono senza dubbio necessari nuovi approcci e nuovi modelli educativi capaci di promuovere, negli allievi, la formazione di strumenti inclusivi che rendano sinergici i processi di apprendimento e che siano rivolti a tutti» (2019, p. 116).

Affinché questo si sviluppi in modo adeguato, è necessario tuttavia che i fattori individuali e quelli ambientali interagiscano in modo efficace. Per questo motivo non bisogna mai sottovalutare il ruolo fondamentale che assume il contesto anche per questi alunni: esso, infatti, può costituire una barriera oppure un facilitatore dei processi di sviluppo intellettivo. Il talento ha certamente una componente innata, ma è grazie a un intervento didattico appropriato che può esprimere al massimo il suo potenziale, non solo per il benessere e la realizzazione del singolo individuo ma per l’intera società.

Per tale ragione il nostro studio ha focalizzato l’attenzione sul contesto scolastico quale luogo potenzialmente privilegiato per consentire a ciascun allievo il pieno sviluppo di se stesso.

Il Que.Al.Pot.: un questionario sull’alto potenziale e la plusdotazione

Per indagare il modo in cui il fenomeno dell’alto potenziale e/o della plusdotazione è percepito dai docenti è stato strutturato il questionario Que.Al.Pot., finalizzato a rilevare le loro conoscenze e opinioni in merito, nonché le eventuali esperienze maturate in ambito didattico, considerate in termini di strategie/metodologie/percorsi individualizzati applicati e sperimentati nelle classi con allievi ad alto potenziale e/o plusdotati.

Per questa ragione, sono stati individuati 21 item finalizzati a indagare le seguenti aree:

  1. caratteristiche del campione (età, anni di servizio, zona di residenza, ordine e grado in cui si presta l’attività lavorativa);
  2. conoscenza del fenomeno dell’alto potenziale e plusdotazione;
  3. esperienza di insegnamento ad allievi ad alto potenziale o plusdotati ed eventuale redazione di un apposito Piano Didattico Personalizzato (PDP);
  4. ruolo della scuola nel costruire un contesto inclusivo finalizzato a promuovere il benessere di questi allievi;
  5. bisogno di formazione finalizzata a una maggiore conoscenza del fenomeno.

Per consentire una maggiore capillarità delle informazioni, sono state proposte domande chiuse e aperte, secondo una prospettiva di ricerca di tipo quali-quantitativo, per consentire ai docenti intervistati di riportare le loro esperienze in modo più fluido e discorsivo.

Il questionario è stato diffuso sotto forma di google moduli, secondo un processo di diffusione a cascata, in modo tale da raggiungere il numero più ampio possibile di persone.

Risultati

Osserviamo ora i principali risultati ottenuti in merito a ciascuna area precedentemente citata.

a. Caratteristiche del campione (7 item)

Hanno risposto al questionario in tutto circa 89 docenti, provenienti perlopiù dalla scuola primaria (40,4%) e dalla scuola secondaria di secondo grado (40,4%). La quasi totalità (92,1%) si identifica con il genere femminile e lavora nella scuola in media da circa 17,2 anni.

L’età media dei rispondenti è di 46,4 anni (minimo 23, massimo 65). Per quanto concerne la zona geografica di residenza, il centro risulta maggiormente rappresentato (51,7%), seguito dal nord (38,2%), dal sud (7,9%) e dalle isole (appena il 2%).

In relazione al rapporto di lavoro, la maggior parte degli intervistati (68,5%) usufruisce di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre una percentuale più bassa presta la propria attività lavorativa in seguito al conferimento di un incarico annuale (21,3%) o in qualità di supplente temporaneo (10,1%).

Infine, il 61,8% dei soggetti intervistati è un insegnante curricolare, contro il 38,2% che ricopre, invece, il ruolo di insegnante specializzato per le attività di sostegno.

b. Conoscenza del fenomeno dell’alto potenziale e plusdotazione (2 item)

La maggior parte degli insegnanti che hanno risposto al questionario ha affermato di avere sentito parlare degli allievi ad alto potenziale o plusdotati (78,7%). Una parte minoritaria (5,6%) ha dichiarato di averne sentito parlare in parte, mentre solamente il 15,7% dei docenti ha asserito di non conoscere tale fenomeno.

Alla richiesta di riportare le caratteristiche prevalenti che, a loro avviso, compongono l’alto potenziale e la plusdotazione, hanno risposto 72 docenti, facendo riferimento a una molteplicità di aspetti che, in linea con la letteratura di riferimento (Cornoldi, 2019; Lucangeli, 2019; Zanetti, 2017), afferiscono all’area emotiva, intellettiva e creativa.

Nello specifico, la maggior parte di loro (42 docenti) ha evidenziato le caratteristiche di genialità ed eccezionalità — si parla, a tal proposito, di «intelligenza superiore», «capacità superiore alla media», «bravura», «genialità», «quoziente intellettivo elevato» — , mentre una quantità decisamente più ridotta di risposte (19 docenti) ha sottolineato le difficoltà emotive.

Tra le caratteristiche menzionate vi è, ad esempio, il «sentirsi diversi dagli altri», oppure un vissuto di «disagio sociale», nonché «difficoltà a integrarsi» e a «inserirsi nel contesto classe». Una parte minoritaria (11 docenti), inoltre, ha preferito evidenziare le caratteristiche comportamentali che, a volte, possono rappresentare un ostacolo per un andamento «regolare» delle attività didattiche: si parla a tal fine di «irrequietezza», «noia», «senso di giustizia amplificato», «difficoltà nella gestione delle emozioni», «demotivazione verso ciò che non interessa direttamente», «resistenza nei confronti di ciò che viene imposto».

c. Esperienza di insegnamento ad allievi ad alto potenziale o plusdotati (8 item)

Questa parte è stata suddivisa in due parti: in primis, è stato chiesto ai docenti di indicare se si erano mai confrontati con allievi ad alto potenziale e/o plusdotati specificando, in caso affermativo, quali misure fossero state adottate e se fosse stato redatto un PDP mirato sull’allievo; successivamente, i docenti sono stati invitati a formulare delle ipotesi in merito all’eventuale presenza nelle loro classi, sulla base della loro esperienza presente o passata, di allievi ad alto potenziale e/o plusdotati,6 riportando ciò che ritenevano più significativo in merito.

In relazione a tali aspetti, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di non avere ospitato in classe allievi con Bisogni Educativi Speciali. Solamente 20 docenti (22,5%) hanno dato una risposta affermativa a tale domanda. Di questi, soltanto 4 hanno dichiarato di avere elaborato un PDP specifico, in presenza tuttavia più che altro di disturbi di altra natura: 2 di questi, infatti, hanno riguardato situazioni di doppia eccezionalità (dislessia in un caso e disortografia in un altro) e uno di disagio emotivo.

Le risposte descrivono a tal proposito l’adozione di misure dispensative come le interrogazioni programmate, oppure di strategie per rafforzare la consapevolezza emotiva. I rimanenti 16 hanno dichiarato di non avere provveduto alla stesura di un PDP in quanto non ritenuto necessario oppure non richiesto dalle famiglie. Si ipotizza pertanto che tale dispositivo sia stato richiesto per rispondere più a un disturbo specifico di apprendimento che a una situazione di alto potenziale intellettivo.

A prescindere dall’elaborazione o meno di un Piano Didattico Personalizzato, in merito alla richiesta di individuare le strategie adottate con allievi ad alto potenziale e/o plusdotati, sono state registrate 17 risposte, che hanno fatto riferimento ai seguenti aspetti:

  1. ricerca del coinvolgimento e della relazione (7 risposte);
  2. ricorso a linguaggi alternativi quali teatro, storytelling, giochi digitali (5 risposte);
  3. uso di metodologie coinvolgenti e partecipative come, ad esempio, l’apprendimento cooperativo, la flipped classroom, la ricerca-azione (5 risposte).

Tre docenti, inoltre, concordano nell’evidenziare la necessità di sollecitare il più possibile l’interesse dell’allievo, sia attraverso una relazione mirata — a tratti dichiarata esclusiva — con le figure educative di riferimento, sia attraverso la differenziazione didattica, finalizzata a potenziare il coinvolgimento dell’allievo nei cosiddetti tempi morti, nei quali quest’ultimo è sovente costretto ad attendere che i compagni concludano il lavoro assegnato. È necessario a tal fine, hanno sottolineato i docenti, «offrire [all’allievo] attività aggiuntive di approfondimento relative al tema/argomento trattato […] tenendolo continuamente impegnato nelle attività didattiche».

Per invitare i docenti a una riflessione più approfondita è stato chiesto loro, inoltre, di focalizzarsi sulla loro esperienza di insegnamento, presente e/o passata, ipotizzando la possibile presenza nella loro classe di allievi ad alto potenziale e/o plusdotati.

In questo caso, rispetto alla domanda che si riferiva alla presenza accertata di allievi ad alto potenziale, si innalza la percentuale delle risposte riconducibili al sì: il 31,5% dei docenti ha risposto infatti affermativamente, mentre il 19,1% ha espresso una posizione di incertezza («non saprei»). In relazione alla richiesta di descrivere tale esperienza in qualità di docenti, emergono testimonianze interessanti, che riportiamo di seguito:

[Ricordo] un alunno in particolare, incontrato nel secondo anno di insegnamento, dall’intelligenza vivace, che tendeva ad anticipare risposte e spiegazioni e che, quando era annoiato, adottava comportamenti che ostacolavano e disturbavano il processo di apprendimento dei compagni. Rileggendo adesso quegli episodi avrei voluto avere l’esperienza e le conoscenze adeguate per intervenire sugli antecedenti che provocavano il comportamento problematico.

[È stata un’esperienza] non sempre positiva, soprattutto in scuole dove intelligenti sono ritenuti solo gli alunni perfetti e uniformati.

Ragazzi che sembravano svogliati e invece si annoiavano poiché il target classe era più basso.

Ritengo che in classe ci siano alunni plusdotati i quali tendono ad annoiarsi facilmente e a sentirsi fuori contesto.

È accaduto molti anni fa, quando ancora non si parlava di PDP [...] un bambino con un velocissimo apprendimento dei contenuti e una capacità eccezionale di rielaborazione e di fare collegamenti tra i contenuti. Mi sono accorta che si annoiava durante le lezioni, faceva tutto velocemente e poi doveva sempre aspettare. Si entusiasmava quando gli preparavo degli esercizi più complessi di quelli dei compagni, le chiamavamo «le nostre sfide». Lo coinvolgevo nell’aiutare i compagni soprattutto in matematica e invece i compagni lo aiutavano in educazione motoria [...] per creare un equilibrio tra loro.

Come si evince da tali risposte, il trait d’union tra le varie esperienze è dato dal termine noia, che sembra essere, secondo le narrazioni degli insegnanti, il vissuto prevalente di un certo numero di allievi, a prescindere dal fatto che siano riconosciuti o meno come plusdotati.

d. Ruolo della scuola nel costruire un contesto inclusivo finalizzato a promuovere il benessere di questa tipologia di allievi (2 item)

Per esplorare tale dimensione sono stati posti ai docenti 2 quesiti:

  1. «Gli allievi ad alto potenziale o plusdotati sono maggiormente esposti, rispetto ai loro coetanei, al rischio di abbandono scolastico. Spesso ricevono diagnosi sbagliate quale depressione o ADHD. A suo avviso, a prescindere dal fatto che abbia mai avuto allievi con queste caratteristiche, quale potrebbe essere la ragione?
  2. Cosa potrebbe fare la scuola per migliorare il benessere di questi allievi nel contesto scolastico?

Per quanto concerne la prima domanda, è significativo osservare come le risposte si collochino lungo due prospettive: quelle che si focalizzano sulle caratteristiche individuali dell’allievo (modello medico) e quelle che, al contrario, analizzano la questione facendo riferimento al contesto scolastico (modello sociale).

La tabella 1 illustra le diverse posizioni.

Tabella 1

Risposte alla domanda A suo avviso, a prescindere dal fatto che abbia mai avuto allievi con queste caratteristiche, quali potrebbero essere le ragioni dell’abbandono scolastico degli allievi ad alto potenziale o plusdotati?

Modello medico

Modello sociale

Non trovano il modo per esprimere le loro potenzialità.

Capiscono troppo oltre ciò che si dice, leggono tra le righe e nell’anima degli altri e si sentono pesci fuor d’acqua. Spesso hanno difficoltà a socializzare.

La famiglia non ha fatto fare la diagnosi.

Presentano caratteristiche diverse rispetto ai coetanei con cui spesso fanno fatica a interagire. Probabilmente hanno un dinamismo interiore molto veloce.

Presentano agitazione e scarsa concentrazione.

Bisogna considerare le situazioni pregresse familiari, la situazione storico-sociale attuale, l’influenza della DAD e della pandemia, l’intolleranza all’autorità, il desiderio di autonomia, la bassa stima di sé.

Sicuramente va sottolineato il fatto che sono avanti rispetto gli alunni e frustrati dal fatto che devono aspettare.

Spesso gli insegnanti non cercano di capire il tipo di «funzionamento» del bambino che risulta difficile da gestire e comprendere.

Credo che, se non ricevono stimoli all’altezza delle loro capacità, si annoino e perdano interesse per l’apprendimento; quindi si distraggono facilmente e in alcuni casi non collaborano più, o diventano persino oppositivi. Non si sentono capiti e quindi sono anche «delusi»; perdono facilmente l’interesse e abbandonano l’entusiasmo. A volte, anche a causa del rapporto con i pari, per non sentirsi i «primi della classe» o i «secchioni», accade che i plusdotati soffochino le loro capacità.

Si rileva una formazione scarsa o assente del particolare funzionamento di questi alunni nei docenti al momento dell’eventuale segnalazione e analoga difficoltà a livello degli specialisti.

Sono studenti non compresi perché valutati esclusivamente in base ai criteri rigidi a cui la scuola è abituata.

Va sottolineata la scarsa formazione su questa tematica degli insegnanti curricolari.

In relazione alla seconda domanda, Cosa potrebbe fare la scuola per migliorare il benessere di questi allievi nel contesto scolastico?, le risposte ottenute indicano una variabilità di suggerimenti che riguardano, essenzialmente:

  1. la necessità di una formazione adeguata (23 risposte);
  2. la predisposizione di percorsi di apprendimento individualizzati e personalizzati (18 risposte);
  3. la progettazione di attività didattiche in grado di promuovere i diversi talenti (16 risposte);
  4. la promozione di una relazione significativa ed empatica tra allievo e docente, all’interno di un clima di classe positivo (15 risposte);
  5. l’utilizzo di metodologie didattiche attive e partecipative (11 risposte);
  6. altro (6 risposte). All’interno di quest’ultimo gruppo, solamente due docenti ritengono utile la formazione di classi apposite per tali studenti.

e. Bisogno di formazione (due item)

In conclusione, il questionario ha posto l’attenzione sul bisogno di formazione espresso dai docenti. Sono stati posti a tal proposito due quesiti che riguardavano:

  1. l’avere partecipato, nel corso della propria esperienza professionale, a corsi di formazione sulla plusdotazione;
  2. il desiderio di approfondire tale tematica attraverso percorsi specifici.

L’obiettivo di queste domande era quello di indagare se la formazione su tale tematica potesse essere riconosciuta come un elemento utile per promuovere il miglioramento della professionalità docente, a prescindere dalla presenza o meno in classe di allievi con plusdotazione.

In relazione al primo punto, in linea con quanto osservato precedentemente, è emerso come l’84,3% dei docenti non abbia mai svolto corsi di formazione su tale tematica.

Per quanto concerne il secondo aspetto è emersa, a livello diffuso, l’esigenza di acquisire una formazione specifica: il 70,8% ha dichiarato, infatti, di volere approfondire le sue conoscenze in merito, contro il 5,6% che, invece, si è mostrato incerto. Solamente 5 docenti hanno dichiarato di non desiderare una formazione specifica in merito.

Discussione

I dati ricavati da questa indagine hanno messo in luce alcuni aspetti, che si pongono in linea con le ricerche e gli studi effettuati in Italia negli ultimi anni (Pinnelli, 2019; Zanetti, 2017):

  1. la scarsa conoscenza del fenomeno dell’alto potenziale e della plusdotazione da parte dei docenti;
  2. il ricorso a retoriche e narrazioni che fanno riferimento prevalentemente agli aspetti cognitivi e all’eventuale presenza di prestazioni considerate eccezionali e geniali (Brazzolotto, 2020);
  3. il ridimensionamento degli aspetti intellettivi a favore di quelli emotivi nei docenti che hanno avuto allievi con alto potenziale intellettivo o plusdotazione. In questi casi, infatti, emerge maggiormente la consapevolezza che tale profilo racchiude in sé una molteplicità di sfaccettature;
  4. la presenza di due modalità diverse nel modo di considerare l’alto potenziale: come un problema individuale (modello medico), oppure come un problema che richiede il cambiamento del sistema scolastico (modello sociale), in termini di approcci/metodologie/strategie. I docenti che fanno riferimento alla prima modalità tendono ad attribuire le difficoltà degli studenti alla loro particolare natura, mentre coloro che prestano maggiore attenzione al contesto evidenziano come i disagi vissuti dagli allievi gifted siano dovuti prevalentemente alla difficoltà di strutturare percorsi didattici ispirati ai principi della differenziazione didattica (Tomlison, 2014; Demo, 2015); emerge quindi la necessità di implementare occasioni di formazione specifica su questo Bisogno Educativo Speciale.

Conclusioni

I dati emersi da questa ricerca a nostro avviso richiedono una lettura e una contestualizzazione più ampie nell’ambito degli studi e delle ricerche sull’inclusione scolastica condotti negli ultimi anni (Ianes e Dell’Anna, 2022; Bocci, 2021). Al di là delle caratteristiche inerenti il profilo cognitivo proprio — seppur nelle sue innumerevoli sfumature e sfaccettature — degli allievi ad alto potenziale o plusdotati, emerge in generale la difficoltà della scuola nel garantire un’offerta formativa che vada incontro ai bisogni e agli interessi degli studenti, ponendosi come un vero e proprio ambiente su misura, che favorisca il più possibile la crescita e lo sviluppo dello studente (Travaglini, 2022). Da qui la tendenza a etichettare, come si evince dalle risposte fornite dai docenti, gli allievi che non si adeguano al contesto scolastico come demotivati e poco rispondenti agli stimoli forniti.

Alla luce di ciò, non è un caso che alcuni docenti, invitati a riflettere sulla loro esperienza, abbiano riconosciuto la noia come il vissuto dominante di questi allievi. Quello che viene da chiedersi è come mai, nonostante gli ampi studi sull’inclusione e sull’efficacia delle metodologie attive e partecipative, la scuola continui a essere organizzata e strutturata in modo tale da suscitare noia negli studenti — a prescindere dal fatto che abbiano o meno un profilo di alto potenziale e plusdotazione — e, soprattutto, come mai fatichi a emergere un modello di insegnamento ispirato ai principi della didattica inclusiva.

Riteniamo che, se ci trovassimo realmente di fronte a una scuola inclusiva, la noia sarebbe vista come l’esito di una modalità poco funzionale di predisporre i processi di insegnamento-apprendimento piuttosto che come un problema individuale. Tale cambiamento di sguardo porterebbe sicuramente a un diverso modo di considerare non solo l’alto potenziale, ma in generale tutti i Bisogni Educativi Speciali. Come evidenziato anche dall’approccio dello Universal Design for Learning (Savia, 2016; Cottini, 2019), ad esempio, risulterebbe quanto mai opportuno creare ambienti di apprendimento versatili, funzionali e differenziati per tutti gli studenti, in modo tale da garantire a ciascuno, a prescindere dal possesso di un determinato Bisogno Educativo Speciale, il raggiungimento di risultati di apprendimento significativi.

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1 L’articolo è stato elaborato in maniera congiunta dalle due autrici; in particolare, Giorgia Ruzzante è autrice dell’Introduzione e del primo paragrafo, Alessia Travaglini del secondo paragrafo e delle Conclusioni.

2 Università di Bologna.

3 Università La Sapienza, Roma.

4 University of Bologna.

5 University La Sapienza, Rome.

6 Per evitare il rischio di fraintendimenti nella domanda era stato specificato che gli allievi ad alto potenziale e/o con plusdotazione non hanno necessariamente un rendimento scolastico elevato.

Vol. 22, Issue 2, May 2023

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