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HomeNumeriN° 9, 1II. Socialdemocratici e laburisti“And Now – Win the peace!”

II. Socialdemocratici e laburisti
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“And Now – Win the peace!”1

I laburisti inglesi e il Welfare State (1945-1948)
Carlo Andrea Stazzi

Abstract

Il Labour Party, uscito vittorioso dalle elezioni del luglio 1945, comincia ad applicare l’energia politica derivata da un trasversale consenso della società inglese nella costruzione di un nuovo impianto di Welfare State. L’universalità del diritto alla protezione sociale, l’uniformità dei contributi e delle prestazioni, l’unità del meccanismo amministrativo preposto alla gestione della previdenza e dell’assistenza al lavoratore sono le principali novità di tale sistema.

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And now win the peaceVisualizza l'immagine
Credits: by IISG on Flickr (CC BY 2.0)

1. Il Welfare State e i suoi significati negli anni Trenta e Quaranta del Novecento

  • 1 Slogan utilizzato in un manifesto elettorale del Labour Party in occasione delle elezioni del lugli (...)

1Negli anni Trenta l’espressione “Welfare State”, in tedesco Wohlfahrsstaat, viene utilizzata per criticare l’eccessivo interventismo della Repubblica di Weimar nel settore dell’economia, che secondo i suoi detrattori aveva causato la crisi economica in Germania del 1929.

2Con la stessa terminologia ci si oppone agli interventi di stampo keynesiano realizzati da Franklin Delano Roosevelt nelle politiche del “New Deal” negli Stati Uniti d’America. In Inghilterra, invece, negli anni Trenta si usa contrapporre il termine welfare alle politiche di warfare realizzate dalla Germania nazista, attribuendogli, dunque, un significato positivo (ripreso nella medesima accezione, però ai fini dell’edificazione di una società cristiana, dall’Arcivescovo di Canterbury William Temple).

3Negli anni Quaranta, invece, sono i conservatori inglesi ad accusare il Labour Party di aver ecceduto nelle politiche di welfare – soprattutto nel settore della sanità, dove dall’ottobre del 1948 la spesa pubblica aumenta vertiginosamente – ritornando così a conferire a quelle politiche un’accezione negativa.

4Neppure il Labour Party si riferisce allo Stato del benessere: pur a conoscenza del significato negativo attribuito dagli americani alle politiche del Welfare State, tra i laburisti prevaleva la consapevolezza di come un uso spregiudicato di tali termini avrebbe potuto portare a una perdita di consenso elettorale tra la piccola e la media borghesia liberale.

5D’altra parte risulta evidente la carica riformatrice insita nel progetto di costruzione di uno Stato sociale universale e organico in Gran Bretagna negli anni Quaranta: esso doveva garantire non soltanto la sicurezza fisica, il diritto alla vita, o il diritto al voto, ma il benessere individuale del cittadino. La libertà dalla povertà assoluta diventa, così, un diritto universale.

  • 2 LOWE, Rodney, «The Second World War, Consensus, and the Foundation of the Welfare State», in Twenti (...)

6Solamente a partire dal 1949, in seguito alle riforme introdotte dal governo laburista britannico, si comincia a parlare più frequentemente di Welfare State, soprattutto in campo scientifico. Due sono i significati convenzionali attribuiti allo Stato del benessere: il primo indica quegli Stati che pongono in essere politiche sociali con l’intento di ridistribuire le ricchezze in maniera più giusta; il secondo consiste nell’inquadramento sotto un’unica etichetta di una vasta gamma di servizi sociali offerti dallo Stato al cittadino, senza alcun obiettivo riformatore o ancor meno palingenetico e rivoluzionario2.

2. Dal “Beveridge Report” ai Libri bianchi del governo inglese (1942-1944)

7Nel maggio del 1940 i laburisti entrano nella coalizione governativa guidata da Winston Churchill e cominciano a ricoprire ruoli importanti all’interno della Commissione centrale per i problemi della ricostruzione (della quale fa parte anche il laburista Clement Attlee).

8Nel giugno del 1941 Arthur Greenwood, ministro laburista a capo del post-war planning, propone la costituzione di una Commissione di indagine con l’obiettivo di elaborare proposte circa la realizzazione di un nuovo schema di assicurazioni sociali. A presiedere tale Commissione è chiamato Sir William Beveridge, esponente del Partito liberale. Così, tra il novembre e il dicembre 1942, viene redatto il “Beveridge Report” dal quale scaturisce il piano di sicurezza sociale inglese. Gli elementi maggiormente innovativi del progetto sono: 1) l’importanza affidata agli assegni familiari, 2) lo stanziamento di cifre più cospicue per le indennità e le pensioni, 3) un sistema nazionale di sanità pubblica, 4) la lotta contro la disoccupazione.

9Il nuovo progetto ruota intorno ai valori dell’universalismo (nessuno deve rimanere escluso dalla rete di sicurezza sociale), dell’uniformità delle prestazioni e dei contributi da versare (ciò consente di liberarsi dalle misure di accertamento del reddito individuale, snellendo e semplificando le procedure) e dell’unità della struttura amministrativa preposta a tali servizi (peraltro con un unico fondo assicurativo nazionale).

  • 3 Cfr. «Social Security Plans in Great Britain», in International Labour Review, 47, 1/1943, pp. 46-6 (...)

10Per raggiungere la “libertà dal bisogno” ci si affida, dunque, ad un sistema nazionale di assicurazioni costituito attraverso i contributi versati dal lavoratore stesso, dal datore di lavoro e, in parte, dallo Stato. L’obiettivo è la solidarietà e la produttività della nazione inglese impegnata nelle dispendiose vicende belliche. Si possono, in questo modo, sconfiggere i “Cinque Giganti” che distruggono il tessuto sociale nazionale: la povertà, l’ozio, la malattia, lo squallore e l’ignoranza3.

  • 4 Cfr. LABOUR PARTY, Beveridge Report, London, Victoria House Printing Co., 1943.

11Nel febbraio del 1943 si discutono alla Camera dei Comuni le proposte formulate da Beveridge: i conservatori, in particolar modo Churchill, sembrano non credere nella possibilità di realizzare nel dopoguerra un sistema così costoso. Il Labour Party, invece, dal dicembre del 1942 appare molto più convinto nell’appoggiare le riforme indicate da Beveridge4.

12Nel maggio del 1944 il Ministero della ricostruzione pubblica un Libro bianco sulle politiche occupazionali da intraprendere nel dopoguerra per assicurare il pieno impiego dei cittadini inglesi. A settembre del medesimo anno, la Camera dei Comuni discute i risultati pubblicati nei due Libri bianchi sulle assicurazioni sociali (il primo più generale e il secondo più focalizzato sulla questione degli infortuni e delle malattie professionali). Le politiche proposte dalla coalizione governativa vengono approvate per acclamazione, ma spetta al governo predisporre progetti di legge e provvedimenti attuativi.

3. “Let us face the future”. Le elezioni del luglio 1945

13Nella giunta esecutiva nazionale del Labour Party, riunita a congresso a Blackpool dal 18 al 21 maggio del 1945, si assiste a un duro scontro tra i favorevoli al mantenimento in essere della coalizione con conservatori e liberali – Clement Attlee e Ernest Bevin – e la corrente di sinistra del partito – rappresentata da Herbert Morrison, Harold Laski e Aneurin Bevan – decisa a porre fine a tale esperimento. Solamente tre dei ventisette membri del Commissione esecutiva nazionale del Labour Party sostengono la scelta di Attlee di portare avanti questa linea politica, che condurrà alla definitiva sconfitta delle forze dell’Asse, l’alleanza governativa con conservatori e liberali.

14Sul finire del maggio 1945 la coalizione si spacca. Il 23 maggio Churchill diventa primo ministro di una compagine governativa monocolore. Il 15 giugno cade il governo e vengono indette le elezioni generali per il 5 luglio.

  • 5 Cfr. LAYBOURN, Keith, «England Arise! The General Election of 1945», in The Historian, 86, 2005, p. (...)
  • 6 Ibidem.

15Comincia così la sfida per la conquista della leadership politica nel Labour Party in vista dell’appuntamento elettorale. Ellen Wilkinson, capogruppo della Commissione esecutiva del Partito laburista, non convinta delle qualità politiche di Clement Attlee, cerca di convincere la maggioranza della Commissione a non rinnovargli la carica alla guida del partito, ma, come sostiene il laburista Hugh Dalton, ormai è troppo tardi per cambiare in corsa: le elezioni si avvicinano. Ciò non impedisce al nuovo capogruppo della Commissione esecutiva del Partito, Harold Laski, di ritenere Attlee «un grave handicap per le nostre speranze di vincere le prossime elezioni»5 e di affermare: «Sono convinto che [Attlee] sia abbastanza generoso e responsabile da mettere l’esigenze del partito prima delle sue nelle questioni riguardanti i gravi compiti che ci spettano»6. Harold Laski chiede così ad Attlee di fare un passo indietro, preferendo alla guida del partito un uomo della corrente di sinistra e indicando il nome di Herbert Morrison.

16Tale stravolgimento degli equilibri di potere interni al partito, però, non sarebbe mai stato accettato dall’uomo forte della corrente di destra, Ernest Bevin. Il tono dello scontro tra Laski e Attlee non cessa di aumentare dopo che quest’ultimo ribadisce l’unità di intenti con Churchill in merito agli obiettivi di politica estera per il dopoguerra.

17La divisione tra la corrente di destra e quella di sinistra del partito cessa momentaneamente solo dopo la vittoria laburista nelle elezioni, per poi riprendere, agli inizi degli anni Cinquanta, con la celebre disputa tra la destra di Hugh Gaitskell e la sinistra di Aneurin Bevan.

  • 7 Cfr. FIELDING, Steven, «What Did “The People” Want?: The Meaning of the 1945 General Election», in (...)

18Ad ogni modo, il Labour Party, dopo aver scommesso politicamente sulla proposta di riforma del sistema previdenziale e assistenziale inglese, cerca ora di presentarsi all’opinione pubblica come il partito di tutto il popolo, della comunità nazionale. Fare del Piano Beveridge la propria bandiera e caratterizzarsi come rappresentante di tutta la nazione inglese sono i due strumenti attraverso i quali il Partito laburista avvicina a sé i ceti popolari e, soprattutto, la piccola e media borghesia7.

  • 8 Cfr. LAYBOURN, Keith, op. cit., p. 13.

19La strategia paga dal punto di vista elettorale: il Labour Party conquista quasi il 50% dei voti, ottenendo così 393 seggi alla Camera dei Comuni. Il 26 luglio i laburisti festeggiano la vittoria a Westminster: i loro discorsi sottolineano come la loro performance elettorale rappresenti la vittoria dell’intero popolo inglese. Il 27 luglio si forma il nuovo governo laburista: il primo ministro è Clement Attlee. Il programma elettorale intitolato “Let us face the future” è chiaro: dopo aver vinto la guerra occorre ora vincere la pace, evitando una crisi simile a quella che aveva sconvolto il mondo nel 1929. Infatti, le parole d’ordine ripetute a più riprese dai laburisti (“Never again!”8) sono dirette a scongiurare l’adozione di politiche del credito restrittive che aumentino la disoccupazione e deprimano i consumi, come quelle adottate dai conservatori dopo la crisi del 1929.

  • 9 Cfr. PELLING, Henry, «The 1945 General Election Reconsidered», in The Historical Journal, 2/1980, p (...)

20Due sono, dunque, gli obiettivi principali: mantenere gli standard di vita e assicurare politiche occupazionali di pieno impiego. I mezzi con cui raggiungere tali risultati sono le politiche di welfare, la costruzione di nuove case, le cure sanitarie gratuite per tutti, e la lotta alla disoccupazione9.

4. La costruzione del Welfare State (1945-1948)

21Già nel novembre del 1944 era stata posta la prima pietra per la costruzione del sistema del welfare inglese: si era decisa, infatti, la creazione di un Ministero delle assicurazioni nazionali. Nell’aprile del 1945 la costituzione di tale Ministero viene completata e come primo passo importante viene presentato alla Camera dei Comuni il Family Allowance Act (ossia la legge per disciplinare gli assegni familiari). Tale progetto entra in vigore nell’agosto del 1946 prevedendo benefit di cinque scellini a settimana per ogni figlio, a partire dal secondo, sotto i quattordici anni (dal 1947 la soglia di età per ricevere gli assegni sarà di quindici anni). L’intero sistema degli assegni familiari viene finanziato attraverso la tassazione generale.

22Ma la vera legge-quadro che regola la costruzione del welfare inglese è il National Insurance Act presentato nel gennaio del 1946 dal governo al parlamento e che riceve la sanzione regia nel luglio del medesimo anno. Tale legge contiene al suo interno anche importanti riferimenti alla costruzione di un sistema sanitario pubblico e nazionale. Annotazioni riprese e approfondite nella relazione introduttiva fatta dal Ministro della sanità, Aneurin Bevan, al National Health Service Act nel marzo del 1946. Questa legge riceve la sanzione regia nel novembre dello stesso anno.

23Intanto, nel febbraio 1946, viene presentato alla Camera dei Comuni un progetto di legge (Housing Bill) per consentire agli enti locali di provvedere su larga scala alla costruzione di case popolari attraverso un più cospicuo aiuto statale. Entro il mese di luglio 1948 il governo laburista si pone l’obiettivo di terminare la realizzazione di tutto l’impianto previdenziale e assistenziale.

  • 10 Cfr. OWEN, David, Guide to the National Insurance Act 1946, London, The New Chronicle, 1948, pp. 5- (...)

24Il National Insurance Act, come afferma il ministro delle assicurazioni nazionali, James Griffith, istituisce «una rete completa di servizi sociali per proteggere e aiutare i nostri cittadini nei periodi in cui ne hanno più bisogno»10. Questo disegno di legge rappresenta le fondamenta sulle quali tutto il sistema di welfare inglese verrà costruito; il ministro ribadisce l’importanza dell’universalità della protezione sociale e del fatto che ogni cittadino debba fare la sua parte pagando il contributo unico previdenziale con cadenza settimanale. La legge, inoltre, unifica tutto il sistema delle assicurazioni sociali, garantendo un sostegno economico nei momenti di sospensione del guadagno.

25Occorre, dunque, dare sussidi, assegni e pensioni a disoccupati, malati, donne incinte, anziani, vedove, alle famiglie con a carico figli in età scolastica, ecc. L’obiettivo è “liberare dal bisogno” tutti i cittadini inglesi dall’età lavorativa (14 anni) fino alla pensione (65 anni per gli uomini e 60 per le donne). Tre sono le categorie di persone assicurate: coloro che lavorano alle dipendenze di terzi e percepiscono salario, i lavoratori indipendenti che gestiscono attività in proprio e i disoccupati. Ogni cittadino possiede una sola tessera assicurativa sulla quale vengono apposti dall’ufficio postale, per ogni contributo versato, alcuni bolli. Al raggiungimento di alcuni requisiti minimi, in caso di necessità, si accede alle prestazioni previste.

26Per coloro che non rientrano in nessuna delle categorie di cittadini protette – ad esempio i poveri fuori dal mercato del lavoro – alla fine del 1947 va in porto la riforma dell’assistenza nazionale, liberata definitivamente dall’impianto delle Poor Law e affidata al controllo del National Assistance Board. Per accedere ai servizi prestati da tale organo, destinato ad avere sempre minore importanza grazie alle assicurazioni sociali – coloro che si rivolgono al National Assistance Board passano in pochi anni, infatti, da 1.500.000 a 500.000 individui – occorre dimostrare attraverso apposite norme (means test) di essere realmente in stato di povertà. Le stesse prove di accertamento del reddito del bisognoso non servono invece, vista l’uniformità dei contributi versati (una sola flat rate per categoria di assicurati) e delle prestazioni ricevute, nel sistema previdenziale.

  • 11 Cfr. PEARCE, Robert, «1945: Labour Landslide», in New Statesman, February 2000, pp. 35-36.

27Risulta in questo modo chiara la trasformazione politica del Partito laburista. Negli anni Trenta lo stesso partito avversava il sistema assicurativo obbligatorio a base contributiva – desiderava finanziarlo attraverso la tassazione generale – e i cosiddetti means test. La svolta degli anni Quaranta ben rappresenta la nuova dimensione assunta dal Labour Party: da partito di protesta – come nei due governi a cui partecipò come minoranza tra le due guerre – a partito di governo11.

28Il National Health Service Act è la legge più innovativa sul piano internazionale per quanto riguarda i sistemi di sicurezza sociale. Essa trasforma alcuni ospedali in agenzie pubbliche, componendo un sistema sanitario su base nazionale. Così, la maggior parte degli ospedali non sono più controllati e gestiti dalle autorità locali o dalle società private ma dal Ministero della sanità attraverso un Central Health Services Council. Le autorità locali devono, però, organizzare i nuovi centri sanitari. I medici possono scegliere se prestare servizio nel settore privato o in quello pubblico, ma se optano per quest’ultimo non potranno poi decidere liberamente di lavorare in aree dove ci sono già numerosi medici aderenti al servizio sanitario nazionale. La sanità pubblica assicura gratuitamente servizi ospedalieri, trattamenti specialistici o cure generiche e farmaci, grazie ai contributi statali e a quelli versati dal datore di lavoro e dal lavoratore nel fondo unico delle assicurazioni nazionali.

  • 12 Cfr. WEBSTER, Charles, «Conflict and Consensus: Explaining the British Health Service», in Twentiet (...)

29Un sistema così completo e complesso di welfare incontra resistenze da parte dei rappresentanti di vari interessi corporativi. In particolar modo, la sfida politica più dura si gioca tra il governo laburista e la British Medical Association (BMA). Tre sono i punti delicati che provocano la reazione dell’associazione dei medici inglesi: il sistema di controllo e direzione dei medici da parte del Ministero della sanità (per esempio viene loro assegnato un determinato numero di pazienti non incrementabile), la remunerazione principalmente sotto forma di stipendio-base fisso – che aumenta solo se si scelgono aree poco attraenti dove lavorare – e il divieto di compravendita degli studi professionali che impedisce ai medici di trasferirsi in zone più agevoli e ricche a svolgere la propria attività professionale. Per ben due anni vanno avanti le difficili trattative tra il ministro Bevan e la BMA, tra continue chiusure e aperture, fino all’accordo del maggio 194812.

30Altro punto delicato nella costruzione del welfare inglese è la lotta contro le approved societies private, le quali gestivano per conto dello Stato il servizio delle assicurazioni obbligatorie, soprattutto nel settore delle malattie, agli inizi del Novecento. Ora, occorre ritirare le licenze necessarie a svolgere attività assicurative e assistenziali a queste società private o perlomeno ridurne l’importanza.

  • 13 Cfr. HOLMAN, Bob, «Warfare to Welfare», in Community Care, may 2011, pp. 32-33.

31Inoltre, in seguito alla pubblicazione nel 1946 dei risultati prodotti dalle Commissioni Curtis (per l’Inghilterra e il Galles) e Clyde (per la Scozia) riguardo ai disagi dei ragazzi cresciuti in famiglie povere, nel 1948 nascono nuove autorità locali con il compito di provvedere a tutte le esigenze dei giovani bisognosi fino ai diciassette anni (Children Act)13.

  • 14 Cfr. FARMAN, Carl, PERRINS, Catherine, «The New British System of Social Security», in Social Secur (...)

32Il 5 luglio 1948 entra in vigore, dunque, il più vasto sistema di sicurezza sociale che sia mai stato realizzato14. Le dichiarazioni entusiaste dei principali protagonisti della costruzione del Welfare State inglese – Clement Attlee, primo ministro, James Griffiths, ministro dell’assicurazione nazionale, e Aneurin Bevan, ministro della sanità – vengono pubblicate dai giornali «News Chronicle» e «Daily Herald». Si notano da queste dichiarazioni quelle che sono le linee guida del Labour Party nei primi tre anni di governo: presentarsi come una forza capace di governare, attenta ai bilanci pubblici e alla produttività del Paese:

  • 15 Cfr. ATTLEE, Clement, GRIFFITHS James, BEVAN Aneurin, «La celebrazione di una riforma storica», in (...)

Tutti i nostri servizi sociali devono essere pagati […] con quello che produce la popolazione del nostro paese. Noi non possiamo creare un sistema che dia alla nazione nel suo insieme più di quanto essa non produce, ed è sempre il livello generale della produzione quello che determina il nostro livello di benessere materiale. Soltanto una più alta produzione ci può fornire una maggiore quantità di cose […]15

  • 16 Ibidem.
  • 17 Ibidem.
  • 18 Ibidem.
  • 19 Ibidem.

33In secondo luogo, il riferimento continuo alla nazione e alla comunità dei cittadini: «Il paese ha bisogno dell’aiuto di tutti coloro che possono lavorare»16 e riguardo al servizio sanitario nazionale: «[…] Noi abbiamo qui cercato, non soltanto di provvedere l’assistenza necessaria agli ammalati, ma di fare una nazione sana»17. Infine, la richiesta di tempo per sviluppare pienamente l’intero sistema di sicurezza sociale «[…] dobbiamo cominciare con ciò che abbiamo e lavorare poi per il conseguimento di un pieno servizio quando le nostri attuali deficienze saranno state colmate»18 e ancora: «[…] Nessuno si aspetta un miracolo da un giorno all’altro»19.

34Dunque, le politiche inglesi tra il 1945 e il 1948 consistono nell’allestimento di una serie di interventi economici attraverso i quali il governo cerca di assicurare il benessere ad ogni suo cittadino ma non prevedono affatto un progetto di ingegneria sociale al fine di creare una società egualitaria.

5. Il modello inglese e le politiche di welfare in Italia

  • 20 «I libri bianchi del governo inglese», in Previdenza sociale, n. 1, gennaio-marzo 1945, pp. 12-21.
  • 21 «Il progetto di legge sull’assicurazione nazionale», in Previdenza sociale, n. 1, gennaio-febbraio (...)
  • 22 «L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in Inghilterra», in Rivista degli infortuni e dell (...)

35Grande è l’attenzione prestata dalle principali riviste italiane di previdenza e assistenza sociale al modello inglese fin dal 194520. Durante il 1946 si riflette e si studia attentamente il progetto presentato dal governo laburista alla Camera dei Comuni riguardante il sistema sanitario e le assicurazioni sociali. Le riviste italiane, in particolar modo «Previdenza sociale» (rivista dell’Inps) e «Rivista degli infortuni e delle malattie professionali» (rivista dell’Inail), tendono a sottolineare soprattutto il carattere nazionale, organico e unitario dell’intero sistema previdenziale inglese21. Inoltre, si rileva l’importanza dell’abbandono dei criteri privatistici nella gestione della sanità e delle assicurazioni e si contesta la complessità del precedente sistema assicurativo, che lasciava contenziosi aperti tra datore di lavoro e lavoratore, provocando ritardi nel risarcimento del soggetto bisognoso22.

  • 23 «Un progetto per la riforma dell’assistenza nazionale in Gran Bretagna», in Previdenza sociale, n. (...)

36A proposito della riforma dell’assistenza nazionale, le riviste italiane evidenziano il nuovo ruolo economico e organizzativo svolto dallo Stato inglese al posto degli enti locali23. Nel maggio 1947 si tiene perfino una mostra a Roma, a Palazzo Venezia, dal titolo “Inghilterra d’oggi”, dove viene mostrato il vasto programma di assistenza offerto ai lavoratori inglesi e alle loro famiglie.

  • 24 GIUA, Stefano, «Un esempio», in Previdenza sociale, n. 3, maggio-giugno 1948, pp. 79-81.

37L’Inghilterra diviene un esempio a cui ispirarsi: essa possiede «un sistema organico e completo di protezione sociale che va dall’educazione dei figli di cittadini non abbienti agli assegni familiari, dalle indennità e le pensioni alle madri, ai malati, agli infortunati, ai disoccupati, ai vecchi, agli invalidi ed ai superstiti all’assistenza sanitaria completa […]»24.

  • 25 DEL GIUDICE, Riccardo, «Il Piano Beveridge: dalla culla alla bara», in Le Assicurazioni Sociali, 1/ (...)
  • 26 VANNUTELLI, Cesare, et al., «Contributi alla riforma della previdenza sociale», Roma, SELI, 1943; C (...)

38D’altra parte, fin dal 1943, la rivista dell’Istituto nazionale fascista di previdenza sociale, «Le assicurazioni sociali», mostra interesse per lo studio del piano Beveridge25. Non solo: i due primi numeri della collana “I problemi della ricostruzione”, 1944 e 1945, pubblicata dalle commissioni di studio della Democrazia Cristiana, sono dedicati alla formulazione di progetti per la riforma della previdenza sociale e allo studio dei costi di una eventuale adozione del piano Beveridge in Italia26.

  • 27 Cfr. MAZZINI, Francesco, «Il sistema previdenziale in Italia fra riforma e conservazione: gli anni (...)

39Nel marzo del 1944, con DL n. 120, il Governo provvisorio di Salerno istituisce, presso il Ministero dell’industria e del commercio, una Commissione reale “per l’esame delle forme di previdenza ed assicurazioni sociali attualmente in vigore in Italia, ai fini di una riforma della legislazione vigente ispirata alle esigenze di un ordinamento più semplice, più uniforme e che estenda i limiti dell’assistenza dello Stato in favore delle classi lavoratrici”. L’atto legislativo rimane lettera morta fino al DL n. 330 il quale detta una nuova disciplina per la costituzione della Commissione, parzialmente istituita solamente nel maggio del 1945 senza peraltro entrare mai in funzione27.

  • 28 Cfr. DI NUCCI, Loreto, «Lo Stato sociale in Italia tra fascismo e Repubblica: la ricezione del Pian (...)

40Sin dal 1944 nei differenti partiti politici si riconosce la necessità di un ampio riordinamento del sistema previdenziale sulla base di un piano organico ed unitario di sicurezza sociale, ma nessuno intende adottare tale e quale il piano Beveridge in Italia28.

41Il 31 luglio del 1945 Pietro Nenni dà vita ad una Commissione sui problemi riguardanti il lavoro in fabbrica, presieduta dal professor Antonio Pesenti. Nell’ambito di questa Commissione viene istituita una sottocommissione per la protezione sociale che esaurisce i lavori il 28 giugno del 1946.

  • 29 Cfr. SEPE, Stefano, Le amministrazioni della sicurezza sociale nell’Italia unita (1861-1998), Milan (...)

42La stessa CGIL esprime, nel gennaio del 1945, parere favorevole a una radicale riforma dell’intero sistema di welfare29.

  • 30 Cfr. SALINI, Andrea, «L’ordinamento dell’assistenza nei lavori dell’Assemblea Costituente», in Boll (...)
  • 31 La Commissione d’Aragona e, in generale, le politiche sociali italiane nell’immediato secondo dopog (...)

43Tra il 1946 e il 1947 il confronto sui principi e i diritti sociali da adottare si sposta, quindi, in seno ai lavori dell’Assemblea Costituente30 e, nell’aprile del 1947, viene istituita una Commissione per la riforma della previdenza sociale presso il Ministero del Lavoro (presieduta dal socialdemocratico Ludovico d’Aragona)31.

44Nel delineare i capisaldi della nuova organizzazione del Welfare State italiano il modello inglese è sicuramente presente, seppur nella realtà i risultati raggiunti si discosteranno notevolmente da quelli ottenuti in Inghilterra nel 1948. Il richiamo costante al Piano Beveridge e al modello inglese di welfare rimane per i partiti politici italiani una questione ideologica e formale: il problema principale in Italia è quello di inserire, cautamente, le riforme nel solco dei processi di rottura e di continuità che contraddistinguono il passaggio dal fascismo alla Repubblica.

  • 32 Cfr. per i concetti socio-economici di riferimento delle sinistre in Italia: McCARTHY, Patrick, «I (...)

45Le forze politiche in teoria più affini al Labour Party (Psi e Pci) ritengono il Welfare State inglese una costruzione conservatrice e liberista, che prevede tanto per il “baronetto” quanto per il “cameriere” la stessa misura di contributi e benefici. Dunque, il piano Beveridge e le politiche di welfare laburiste sono per i socialisti e i comunisti italiani riforme che salvaguardano i tradizionali assetti sociali borghesi32.

46In Italia il periodo compreso tra 1944 al 1948 permette dunque di riflettere sulla riformulazione del rapporto tra cittadini, diritti e Stato ma, al contempo, si dimostra il meno opportuno per tentare riforme radicali del sistema previdenziale ed assistenziale, come invece, parallelamente, avviene in Inghilterra.

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Note

1 Slogan utilizzato in un manifesto elettorale del Labour Party in occasione delle elezioni del luglio 1945. Cfr. GORMAN, John, «The Labour Party’s Election Posters in 1945», in Labour History Review, 3/1996, p. 300.

2 LOWE, Rodney, «The Second World War, Consensus, and the Foundation of the Welfare State», in Twentieth Century British History, 2/1990, pp. 152-182.

3 Cfr. «Social Security Plans in Great Britain», in International Labour Review, 47, 1/1943, pp. 46-61.

4 Cfr. LABOUR PARTY, Beveridge Report, London, Victoria House Printing Co., 1943.

5 Cfr. LAYBOURN, Keith, «England Arise! The General Election of 1945», in The Historian, 86, 2005, p. 10.

6 Ibidem.

7 Cfr. FIELDING, Steven, «What Did “The People” Want?: The Meaning of the 1945 General Election», in The Historical Journal, 3/1992, pp. 623-639.

8 Cfr. LAYBOURN, Keith, op. cit., p. 13.

9 Cfr. PELLING, Henry, «The 1945 General Election Reconsidered», in The Historical Journal, 2/1980, pp. 399-414.

10 Cfr. OWEN, David, Guide to the National Insurance Act 1946, London, The New Chronicle, 1948, pp. 5-32.

11 Cfr. PEARCE, Robert, «1945: Labour Landslide», in New Statesman, February 2000, pp. 35-36.

12 Cfr. WEBSTER, Charles, «Conflict and Consensus: Explaining the British Health Service», in Twentieth Century British History, 2/1990, pp. 115-151.

13 Cfr. HOLMAN, Bob, «Warfare to Welfare», in Community Care, may 2011, pp. 32-33.

14 Cfr. FARMAN, Carl, PERRINS, Catherine, «The New British System of Social Security», in Social Security Bulletin, 19, 1947, pp. 9-19.

15 Cfr. ATTLEE, Clement, GRIFFITHS James, BEVAN Aneurin, «La celebrazione di una riforma storica», in Previdenza sociale, n. 3, maggio-giugno 1948, pp. 82-84. Tali discorsi, tradotti, sono riportati in forma riassuntiva.

16 Ibidem.

17 Ibidem.

18 Ibidem.

19 Ibidem.

20 «I libri bianchi del governo inglese», in Previdenza sociale, n. 1, gennaio-marzo 1945, pp. 12-21.

21 «Il progetto di legge sull’assicurazione nazionale», in Previdenza sociale, n. 1, gennaio-febbraio 1946, pp. 15-24; «Il servizio sanitario nazionale», in Previdenza sociale, n. 2, marzo-aprile 1946, pp. 72-76; «Cronistoria di una grande riforma. Il servizio sanitario nazionale in Inghilterra», in Previdenza sociale, n. 3, maggio-giugno 1948, pp. 92-104.

22 «L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in Inghilterra», in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, gennaio-marzo 1945, pp. 74-107; «L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro nel Piano Beveridge», in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, luglio-settembre 1945, pp. 299-329.

23 «Un progetto per la riforma dell’assistenza nazionale in Gran Bretagna», in Previdenza sociale, n. 6, novembre-dicembre 1947, pp. 229-230.

24 GIUA, Stefano, «Un esempio», in Previdenza sociale, n. 3, maggio-giugno 1948, pp. 79-81.

25 DEL GIUDICE, Riccardo, «Il Piano Beveridge: dalla culla alla bara», in Le Assicurazioni Sociali, 1/1943, pp. 1-17.

26 VANNUTELLI, Cesare, et al., «Contributi alla riforma della previdenza sociale», Roma, SELI, 1943; COPPINI, Mario Alberto, «Prime valutazioni sul costo di un Piano Beveridge per l’Italia», s.l., SELI, 1945.

27 Cfr. MAZZINI, Francesco, «Il sistema previdenziale in Italia fra riforma e conservazione: gli anni della Costituente», in ORSI BATTAGLIONI, Angelo (a cura di), Amministrazione pubblica e istituzioni finanziarie tra Assemblea Costituente e politica della ricostruzione, Bologna, Il Mulino, 1980, pp. 447-553.

28 Cfr. DI NUCCI, Loreto, «Lo Stato sociale in Italia tra fascismo e Repubblica: la ricezione del Piano Beveridge e il dibattito alla Costituente», in SORBA, Carlotta (a cura di), Cittadinanza. Individui, diritti sociali, collettività nella storia contemporanea, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, 2002, pp. 161-188.

29 Cfr. SEPE, Stefano, Le amministrazioni della sicurezza sociale nell’Italia unita (1861-1998), Milano, Giuffrè, 1999, pp. 245-252

30 Cfr. SALINI, Andrea, «L’ordinamento dell’assistenza nei lavori dell’Assemblea Costituente», in Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, 2/2003, pp. 241-266.

31 La Commissione d’Aragona e, in generale, le politiche sociali italiane nell’immediato secondo dopoguerra sono oggetto del mio studio nell’ambito del Dottorato in “Storia, istituzioni e dottrine politiche nell’età contemporanea” presso il SUM di Napoli (tutor R. Pertici).

32 Cfr. per i concetti socio-economici di riferimento delle sinistre in Italia: McCARTHY, Patrick, «I comunisti italiani, il “New Deal” e il difficile problema del riformismo», in Studi Storici, 2-3/1992, pp. 457-478 e BATTILOSSI, Stefano, «Cultura economica e riforme nella sinistra italiana dall’antifascismo al neocapitalismo», in Studi Storici, 3/1996, pp. 771-811. Inoltre, cfr. PINTO, Carmine, Il riformismo possibile. La grande stagione delle riforme: utopie, speranze, realtà 1945-1964, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Carlo Andrea Stazzi, «“And Now – Win the peace!”»Diacronie [Online], N° 9, 1 | 2012, documento 4, online dal 29 janvier 2012, consultato il 02 avril 2024. URL: http://journals.openedition.org/diacronie/2948; DOI: https://doi.org/10.4000/diacronie.2948

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Autore

Carlo Andrea Stazzi

Carlo Andrea Stazzi è attualmente dottorando presso il SUM di Napoli dove lavora ad una tesi sulla Commissione d’Aragona e sulle politiche sociali in Italia nel secondo dopoguerra. Tra le sue pubblicazioni: «I repubblicani-federalisti lombardi (1890-1895) tra Cattaneo, Tocqueville e J.S. Mill», in Storia e Futuro, 24, 2010, URL < http://www.storiaefuturo.com/it/numero_24/articoli/1_federalismo-cattaneo-toqueville-mill~1357.html >; «I repubblicani milanesi dalla crisi del Patto di fratellanza alla nascita del PRI», in Annali della Fondazione Ugo La Malfa. Storia e politica, 25, 2010, pp. 263-273.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Stazzi >

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