Da una medicina basata sulle evidenze
a una
medicina basata sulle conoscenze
Guido Bertolini1
E-mail: guido.bertolini@marionegri.it

The SIAARTI consensus document on the management of patients with end-stage chronic organ failure. From evidence-based medicine to knowledge-based medicine.

Summary. The management of patients with end-stage chronic organ failure is an increasingly important topic, since the extraordinary medical and technological advances have significantly reduced mortality and improved quality of life with prolonged survival of end-stage diseases. What should be the plan of care for these patients? Who should bear the responsibility for care? With what targets? These are crucial questions, to which modern medicine should provide convincing answers. The authors of the document explicitly resisted the temptation to draw up guidelines, showing that it is possible to customize medical intervention on the individual patient, keeping it tightly linked to the available knowledge. This is the most relevant aspect of the document: it goes beyond the classical concept of evidence-based medicine choosing to refer to the most dynamic knowledge-based medicine approach.

Il Gruppo di Studio di Bioetica della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) ci ha da molto tempo abituato a prese di posizione su temi delicatissimi, tanto coraggiose e all’avanguardia quanto utili e opportune. Penso, solo per fare un paio di esempi, alle raccomandazioni per l’ammissione e la dimissione dalla terapia intensiva e la limitazione dei trattamenti1 o a quelle per le cure di fine vita e l’approccio al malato morente2.
Oggi, quel gruppo di studio ha nuovamente colpito nel segno. Questa volta, tuttavia, ha giustamente allargato l’orizzonte, coinvolgendo molte altre società scientifiche nella preparazione di un documento che, come i precedenti, è destinato a lasciare un segno importante nel panorama assistenziale italiano3. Il tema è quello del paziente con insufficienza cronica allo stadio finale. Un tema sempre più rilevante, dal momento che gli straordinari progressi della medicina hanno avuto, come contropartita alla riduzione della mortalità e al miglioramento delle condizioni di vita di tanti pazienti, anche l’effetto di prolungare lo stadio finale di molte patologie.
Quale deve essere il piano di cura per questi pazienti? Chi deve farsene carico? Con quali obiettivi? Sono queste le domande cruciali, alle quali la medicina moderna deve dare risposte convincenti e condivise. Ecco perché il documento è opportunamente firmato da ben nove diverse società scientifiche. Ma a mio avviso l’aspetto più innovativo, quasi rivoluzionario, del documento è un altro. Nonostante il proposito dichiarato di offrire uno strumento per indirizzare la pratica clinica, gli autori hanno esplicitamente resistito alla tentazione di elaborare delle linee-guida, nel senso ormai classico del termine. «È indispensabile comprendere – si legge nel testo – che un processo decisionale così delicato non può configurarsi come “linee-guida” che consentono automaticamente di inserire il paziente in una delle due “categorie di cura” (intensiva o palliativa simultanea) attraverso il semplice riscontro di una serie di criteri clinici» 3. Non si tratta dunque di una scelta obbligata dalla mancanza di evidenze o di letteratura disponibile, quanto piuttosto di una scelta di campo, ponderata e consapevole. La dichiarata genericità di alcune delle definizioni adottate «è voluta per concedere agli operatori un’interpretazione ampia delle diverse situazioni cliniche, permettendo così di esprimere valutazioni quanto più possibile inclusive e individualizzate»3.
Si va dunque controcorrente. In un contesto in cui le linee-guida per la pratica clinica imperversano e hanno sempre più l’effetto, quando non il malcelato obiettivo, di de-responsabilizzare il medico inducendolo a delegare ad altri la decisione sul singolo paziente, questo documento segna un’importante discontinuità. La metodologia adottata è la coerente conseguenza della «massima considerazione per l’autonomia del malato, sostenuto dalla sua rete di prossimità (prossimi congiunti, amministratore di sostegno, fiduciari), che possa rappresentarne al meglio, quando necessario, interessi e volontà secondo una visione delle cure centrate sul malato e sulla sua famiglia e non più sul medico e/o sulla malattia» 4. Una simile impostazione, infatti, non è conciliabile con una visione positivistica ed empiristica (in senso filosofico) della scienza, che giustificherebbe l’adozione di rigidi e indifferenziati protocolli di comportamento clinico. Ciò tuttavia non significa accettare la falsa dicotomia secondo la quale da una parte ci sono le linee-guida basate sull’evidenza e dall’altra la de-regulation, in cui ciascuno è libero di comportarsi come più gli conviene. Tutt’al contrario, questo documento finalmente mostra come sia non solo possibile ma addirittura auspicato personalizzare l’intervento medico sul singolo paziente, mantenendolo strettamente ancorato alle conoscenze disponibili. È proprio questo l’aspetto più rivoluzionario del documento, che supera così la concezione ingessata di medicina basata sulle evidenze per approdare a quella più dinamica di medicina basata sulle conoscenze.
È come se la medicina stesse finalmente tentando di entrare in una nuova epoca, che la filosofia ha invece inaugurato da tempo, a partire da Husserl, Nietzsche e Heidegger (per fare solo qualche nome), in cui il pensiero debole, per dirla con Vattimo e Rovatti, obbliga il singolo medico a porsi molte più domande, e di conseguenza a studiare assai di più rispetto al mandare a memoria protocolli semplificati di comportamento, per fare fronte a una responsabilità riconosciuta e ineluttabile nei confronti del paziente e della comunità.
Bibliografia
1. Gruppo di Studio ad hoc della Commissione di Bioetica della SIAARTI. Raccomandazioni SIAARTI per l’ammissione e la dimissione dalla terapia intensiva e per la limitazione dei trattamenti in terapia intensiva. Minerva Anestesiol 2003; 69: 101-18.
2. SIAARTI. Le cure di fine vita e l’anestesista-rianimatore: raccomandazioni SIAARTI per l’approccio al malato morente. Minerva Anestesiol 2006; 72: 927-63.
3. Gristina G, Orsi L, Carlucci A, et al. per il Gruppo di Lavoro Insufficienze Croniche d’Organo. Parte I. Il percorso clinico e assistenziale nelle insufficienze d’organo “end-stage”. Recenti Prog Med 2014; 105: 9-24.
4. Barbisan C, Casonato C, Palermo Fabris E, Piccinni M, Zatti P. Parte III. Aspetti etici e giuridici nelle insufficienze croniche d’organo “end-stage”. Recenti Prog Med 2014; 105: 40-44.