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  • Arcangela Tarabotti e Lucrezia Marinella:appunti per un dialogo mancato
  • Laura Benedetti (bio)

Poco piú di tre chilometri separano la casa in Campiello dei Squelini dove Lucrezia Marinella (1571–1653) visse parte della sua lunga vita e morí1 dal convento di Sant’Anna in Castello dove Arcangela Tarabotti entrò come educanda a tredici anni per mai piú uscirne.2 A testimonianza di un’esistenza trascorsa in cella ma anche “a finestra,” cioè in un parlatorio a quanto pare risparmiato dalle restrizioni invocate dalla Controriforma, sono rimaste non solo le opere di Tarabotti ma anche il suo epistolario, anch’esso del resto elevato a dignità letteraria attraverso la pubblicazione. Nelle lettere la bellicosa sorella discute, arringa, attacca e difende, contratta il prezzo dei merletti, negozia doti, intrattiene relazioni potenzialmente compromettenti. Particolarmente indicativa delle letture poco ortodosse che dovevano circolare o si credeva circolassero a Sant’Anna è la lettera in cui la suora, senza mostrarsi affatto scandalizzata, si scusa con un anonimo interlocutore di non potergli procurare una copia del Corriero svaligiato (1640), cioè dell’opera che portò al processo e alla condanna a morte del suo autore, Ferrante Pallavicino (Tarabotti, Lettere 216). Ugualmente rivelatrice l’epistola a Giovan Francesco Loredan in cui la [End Page S87] suora dichiara di avergli fatto restituire lo scottante Anima di Ferrante Pallavicino. Malgrado Tarabotti si affretti a denunciare le “opinioni erronee” contenute nell’opera, è indicativo il fatto che le fosse stato recapitato e dunque introdotto in convento il volume in cui Pallavicino, decapitato per eresia nel 1644, veniva presentato come un martire (Tarabotti, Lettere 67).3 Al confronto, la vita di Marinella sembra ben schiva e avara di emozioni, prigioniera di una rispettabilità borghese in continuo pericolo. La reputazione femminile, scriverà nel suo ultimo lavoro, è infatti “come una cosa divina, come un candor di cigno, che poc’ombra l’oscura” (Marinella, Essortationi 3).

Marinella era già una scrittrice affermata quando Tarabotti nacque nel 1604, ma la morte le avrebbe colte a solo un anno di distanza, rispettivamente nel 1653 e nel 1652. La prima, dopo la cospicua produzione giovanile, aveva trascorso un lungo periodo di silenzio presumibilmente attribuibile a doveri coniugali e materni, ma era di nuovo attiva negli anni in cui Tarabotti, gestendo abilmente le amicizie del mondo al di là dei confini del convento, si andava affermando.4 Fili sottili legano queste due paladine del sesso femminile, impegnate in una querelle la cui valenza retorica non può cancellare la sua coin-cidenza con un effettivo regresso della partecipazione delle donne alla sfera pubblica e letteraria. Sicuramente si conoscevano o, per meglio dire, conoscevano i rispettivi lavori. Ne La semplicità ingannata Tarabotti, dopo aver rimproverato agli uomini l’ostinazione con la quale si rifiutano di riconoscere il talento femminile, porta proprio Lucrezia Marinella quale esempio di eccellenza morale e artistica (300–01). Era forse un modo di contraccambiare l’onore tributatole dall’anziana scrittrice, che aveva contribuito al copioso materiale introduttivo del Paradiso monacale (1643) di Tarabotti con un sonetto in cui riconosceva, nei toni iperbolici tipici di queste circostanze, la fama raggiunta dalla concittadina.5 [End Page S88]

Le perplessità tuttavia non mancano. La genericità degli attestati di stima e la mancanza di testimonianze circa un contatto diretto sorprendono, al punto da far presumere a Letizia Panizza che Marinella fosse “too religiously conservative to approve of Tarabotti” (9) e a suggerire a Virginia Cox che Essortationi costituisca per Marinella, tra l’altro, un modo di segnare la sua distanza da Arcangela Tarabotti, peraltro mai menzionata (Cox 225).6 Qualcosa non quadra, insomma, nei cauti riconoscimenti con cui le due scrittrici si rendono omaggio. Senza pretendere di dirimere la questione in queste brevi note, spero di fare cosa utile delineando alcune sfere di interessi e relazioni comuni, in attesa che altri documenti d’archivio facciano luce sui rapporti intercorsi tra queste importanti figure.

Le carriere letterarie delle due scrittrici presentano un cospicuo tratto in comune: entrambe hanno impugnato la penna per rispondere a opere misogine. Com’è noto, la pubblicazione de La nobiltà di Marinella nel 1600 è ispirata, almeno in parte, dal desiderio di confutare i Donneschi difetti dati alle stampe l’anno prima da Giuseppe Passi.7 Animata da simili intenti, Suor Arcangela...

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