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Un impianto di produzione del gas naturale ad Aderklaa, Austria. Credit: Bwag.

La possibilità che l'estrazione di gas naturale provochi terremoti è da tempo oggetto di studio per gli scienziati. Ma un nuovo studio di ricercatori italiani ha guardato il problema da un'altra angolazione: come influiscono i terremoti sulla formazione dei giacimenti di gas? I risultati suggeriscono che, nei casi in cui una riserva di metano si trova sopra una faglia sismica, è improbabile che quest'ultima produca un forte terremoto1. "I forti terremoti causano fratture superficiali che tendono a impedire la formazione di grandi depositi di metano" spiega Gianluca Valensise dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Italia, autore principale dello studio.

In collaborazione con i ricercatori dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Applicata (OGS), Valensise ha preso le mosse dai risultati di uno studio precedente, che aveva dimostrato come le sorgenti dei terremoti del 20 e 29 maggio 2012 nel nord Italia (magnitudo 6.1 e 5.9, rispettivamente) fossero situate sopra un cluster di pozzi di gas non produttivi, circondati da pozzi produttivi a pochi chilometri di distanza2. "Quello studio si basava su una interessante intuizione, spostando l'attenzione dai terremoti innescati dalla ricerca di idrocarburi, quindi indotti dall'uomo, al problema inverso" dice Valensise. "Cioè, che ruolo hanno le fratture attive sotto i potenziali depositi di gas produttivi?”

Grazie a tre banche dati geofisiche uniche al mondo, e a robuste analisi statistiche, i ricercatori hanno esaminato 18 faglie sismogenetiche e 1651 pozzi trivellati per lo sfruttamento del gas in Italia, e hanno studiato la distanza tra il bacino di riserva del gas e la pianura della faglia. Hanno potuto confermare che più breve è la distanza, meno è probabile che una faglia provochi un forte terremoto. "È importante notare che abbiamo studiato faglie poco profonde (2-6 km) che creano terremoti superficiali e non quelle molto profonde (15-20 Km) che possono anch'esse scatenare terremoti, ma trovandosi a profondità maggiori non colpiscono i serbatoi di gas", aggiunge Valensise.

Questo studio potrebbe anche aiutare la ricerca di siti di stoccaggio sotterraneo di energia e anidride carbonica, che potrebbero giocare un ruolo nella transizione dai combustibili fossili a un'economia a zero emissioni. I serbatoi naturali già sfruttati sono più sicuri rispetto a quelli creati dall'uomo, in quanto è più probabile che siano intatti, non influenzati da faglie attive poco profonde, diminuendo così notevolmente il rischio di sismicità indotta. La scelta di un giacimento di cui si conoscono le prestazioni passate diminuirebbe anche il rischio di dispersione di metano o anidride carbonica nell'atmosfera.