Introduzione

L’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS) definisce l’infertilità come l’incapacità a raggiungere il concepimento entro 1–2 anni di rapporti sessuali non protetti [1]. Essa interessa il 15% delle coppie in età riproduttiva nei Paesi industrializzati. Considerata l’eziologia dell’infertilità di coppia, un fattore maschile è riscontrabile, da solo, nel 30% e, cumulativamente (ovvero tenendo conto anche delle forme in cui coesiste un fattore femminile), nel 50% dei casi.

L’infertilità maschile è caratterizzata dall’alterazione dei parametri spermatici convenzionali (concentrazione, motilità e morfologia), con possibili quadri di azoospermia/oligozoospermia, astenozoospermia e/o teratozoospermia. Si stima che un’anomalia genetica sia presente in circa il 15% dei pazienti maschi infertili affetti da azoospermia o oligozoospermia grave.

Ad oggi, l’iter diagnostico seguito per identificare le cause genetiche di infertilità maschile comprende lo screening di alcuni geni candidati (la cui lista è in crescente aumento) nei casi di ipogonadismo ipogonadotropo congenito, l’esame del cariotipo e le microdelezioni della regione AZF del cromosoma Y nei casi di ipogonadismo primario. Infine, le mutazioni del gene CFTR vengono indagate nei casi di agenesia congenita bilaterale dei vasi deferenti o quando si sospetta una forma di infertilità su base ostruttiva [2]. Questo iter diagnostico è rimasto immodificato negli ultimi 20 anni. Tuttavia, la necessità di una sua implementazione nasce anche dai dati di prevalenza di infertilità apparentemente sine causa che emerge da alcuni report su ampie casistiche tedesche e danesi. Nonostante un adeguato iter diagnostico, non si riesce a identificare alcun fattore eziologico fino al 72% dei casi di infertilità maschile [3]. Inoltre, uno studio prospettico condotto su 1737 pazienti oligozoospermici ha stimato l’esistenza di un tasso di idiopaticità di circa il 75% [4].

Di recente, numerosi studi pubblicati in letteratura si sono avvalsi della tecnologia Next-Generation Sequencing (NGS) per identificare la presenza di mutazioni di geni coinvolti nella spermatogenesi nei pazienti infertili. La novità di questo approccio è che permette di identificare mutazioni di un ampio pannello di geni pre-selezionato. La spermatogenesi è, infatti, un processo molto complesso che coinvolge numerosi geni, alcuni dei quali scoperti solo di recente. È quindi ipotizzabile che, nei pazienti con azoospermia o oligozoospermia apparentemente idiopatici, un’alterazione genetica possa essere responsabile di almeno una percentuale dei casi definiti idiopatici.

Lo scopo di questa rassegna è, pertanto, quello di rivedere le evidenze derivanti dagli studi pre-clinici e clinici per suggerire un panello di geni da valutare nel corso dell’iter diagnostico dei pazienti con infertilità apparentemente idiopatica. Per meglio comprendere i possibili meccanismi attraverso cui questi geni sembrano agire, discuteremo brevemente alcuni aspetti della regolazione genetica nella spermatogenesi nel paragrafo seguente.

Fisiologia della spermatogenesi

La spermatogenesi è un processo che dura circa 74 giorni. Nel corso di questo processo che avviene nei tubuli seminiferi, le cellule germinali diploidi si differenziano in aploidi, fino a divenire spermatozoi maturi. La spermatogenesi comprende tre diverse fasi: proliferazione degli spermatogoni, divisione meiotica degli spermatociti e cambiamenti nella forma e nel contenuto nucleare degli spermatici (spermiogenesi). Questi processi richiedono una stretta interazione tra le cellule germinali e somatiche, come le cellule di Sertoli e le cellule mioidi peritubulari.

Proliferazione degli spermatogoni

Le cellule germinali spermatogoniali (SSC) sono spermatogoni indifferenziati caratterizzati dalla capacità di mantenere il potenziale autoproliferativo. Essi si differenziano in tipo A e tipo B. Gli spermatogoni di tipo A, a loro volta, sono distinti in Apaired e Aaligned.

Questi ultimi non hanno più il potenziale autoproliferativo e, perciò, iniziano a differenziarsi, divenendo spermatogoni di tipo A1–4 e, successivamente, di tipo B. Questo processo richiede 16 giorni. A loro volta, gli spermatogoni di tipo B si differenziano in spermatociti primari e questa tappa spermatogenetica richiede altri 16 giorni.

I dati della letteratura hanno mostrato l’esistenza di molecole in grado di regolare il processo di proliferazione e differenziazione degli spermatogoni, l’alterazione dei quali sembra poter causare quadri di azoospermia.

In dettaglio, PAX7 e ID4 sono espressi nelle SSC murine, mentre PAX7 è espresso anche nelle SSC umane. Inoltre, PLZF, un fattore di trascrizione richiesto per l’autoproliferazione delle SSC, e SALL4, che spiazza PLZF dai suoi target molecolari, sono stati anch’essi identificati nelle SSC umane. Evidenze nel topo sembrerebbero suggerire che la competizione PLZF/SALL4 potrebbe essere coinvolta nella regolazione Apaired/Aaligned, favorendo l’equilibrio tra SSC con potenziale autoproliferativo e SSC che, avendo perso tale potenziale, intraprendono la via della differenziazione. In aggiunta, POU5F1, c-Kit, PLAP e AP2\(\upgamma \) sono richiesti per l’acquisizione della pluripotenza da parte dei gonociti nell’uomo. Gli spermatogoni murini di tipo A (Apaired e Aaligned) esprimono GFRA1, LIN28, NANOS2, NGN3, NANOS3, PLZF, SALL4 e CHD1. Tra questi, è stata osservata, nell’uomo, l’espressione di: NANOS2 (espresso nelle cellule germinali prenatali e negli spermatogoni, spermatociti e spermatidi del testicolo dell’adulto), NANOS3 (riscontrato negli spermatogoni di tipo A, spermatociti primari, spermatidi), PLZF e SALL4. Infine, SOHLH1 e SOHLH2 sono espressi selettivamente negli spermatogoni in fase di differenziazione, sia nel topo che nell’uomo. Il loro regolatore trascrizionale, DMRT1, è localizzato negli spermatogoni umani e negli spermatociti, ed è stato riscontrato indurre l’espressione di Sohlh1 negli spermatogoni, inducendone la differenziazione.

Divisione meiotica degli spermatociti

Gli spermatociti primari vanno incontro alla prima divisione meiotica (un processo lungo 16 giorni) e si differenziano in spermatociti secondari. La prima divisione meiotica comporta una serie di complessi meccanismi che hanno luogo in profase, come la rottura programmata a doppio filamento (che si verifica durante la fase di leptotene), l’appaiamento dei cromosomi omologhi (zigotene) e il crossing-over (pachitene).

Il primo evento molecolare è rappresentato dalla duplicazione dei centrioli, necessaria per assicurare un’appropriata segregazione dei cromosomi. Questo evento è regolato dalla proteina PLK-4 che, nel topo, è espressa dallo stato di pachitene sino al termine della spermatogenesi. La rottura a doppio filamento è indotta da DNA topoisomerasi specifiche. Nello specifico, SPO11\(\upbeta \) è la subunità catalitica della DNA topoisomerasi IV, che è indispensabile per il processo di ricombinazione dei cromosomi omologhi. La proteina SPO11\(\upbeta \) umana condivide l’82% della sequenza amminoacidica con quella murina. Nel topo, essa è espressa in modo selettivo negli spermatociti in fase di pachitene, quando si verifica il crossing-over. Dopo la rottura a doppio filamento, la singola elica viene legata dal complesso trimerico RPA, che comprende le subunità RPA1, RPA2 e RPA3. Questo complesso protegge la singola elica dalla degradazione.

L’appaiamento dei cromosomi omologhi richiede il complesso sinaptonemale, una proteina con struttura tripartita essenziale per la progressione della prima divisione meiotica. Esso è costituito da un elemento centrale e due elementi laterali, e richiede le proteine MEIOB, RAD5 e SPATA 22. Questo complesso si forma nel corso della fase di leptotene.

Il crossing-over deriva dalla ricombinazione delle rotture a doppio filamento dei cromosomi omologhi. Nello specifico, il complesso RAD51/DMC1 è specifico per la riparazione delle rotture a doppio filamento nel corso della meiosi. Le proteine MEIOB e SPATA22 assicurano stabilità al complesso RAD52/DMC1. Diverse altre proteine sembrano avere un ruolo nella ricombinazione dei cromosomi omologhi, come MSH4, MSH5, TEX11, TEX15, MLH1/MLH3, SYCE, HSF2, HEI10, RNF212 e CNTD1.

Una volta avvenuta la ricombinazione dei cromosomi omologhi, i cromosomi si dividono. Questo processo, chiamato segregazione, necessita che i cinetocori si attacchino ai microtubuli che originano dal polo cellulare. Avvenuta la segregazione dei cromosomi, la cellula si divide in due cellule figlie, che rimangono connesse attraverso ponti intercellulari. Questi ultimi sono stati proposti avere un ruolo nella comunicazione delle cellule germinali, nella sincronizzazione e nella compensazione del dosaggio cromosomico nelle cellule aploidi. TEX14, una proteina testicolo-specifica che condivide il 64% di omologia con la proteina omologa murina, è localizzata nei ponti intercellulari degli spermatogoni in fase di differenziazione. Viene espressa fino alla differenziazione in spermatozoi maturi e sembra essere richiesta per una corretta spermatogenesi.

Gli spermatociti secondari vanno quindi incontro alla seconda divisione meiotica, che ha una durata di poche ore. Durante questa fase si verifica la segregazione dei cromatidi fratelli. La cellula, quindi, si divide, ma permangono i ponti intercellulari a collegare le cellule figlie.

Spermiogenesi

La spermiogenesi è un processo della durata di 26 giorni durante il quale si verifica l’impacchettamento del DNA, la formazione dell’acrosoma, del segmento intermedio, del flagello e l’espulsione del citoplasma. Questi eventi permettono la differenziazione da spermatide rotondo a spermatozoo maturo. I meccanismi molecolari che intervengono in questa fase sono ancora largamente sconosciuti. Secondo alcuni dati, le proteine DPY19L2 e SIRT1 intervengono nella sintesi dell’acrosoma.

Un’alterazione dei fini meccanismi molecolari sopradescritti, conseguenza, ad esempio, di una mutazione di uno dei geni codificanti per le proteine coinvolte, può determinare un’anomalia a carico della spermatogenesi. La sezione seguente riassume, sulla base dei dati disponibili, i geni che potrebbero avere un ruolo nelle alterazioni della spermatogenesi e che, quindi, potrebbero rappresentare il fattore eziologico per alcune forme di infertilità apparentemente idiopatica.

Geni candidati

La lista completa di possibili geni candidati è riportata nella Tabella 1. Di seguito, sono riassunte le evidenze principali sui geni identificati più di recente.

Tabella 1 Geni coinvolti nelle alterazioni quantitative e qualitative della spermatogenesi nell’uomo [8]

Geni X-linked

TEX11 (localizzato in posizione Xq13.1) è un gene conservato tra i vertebrati, codificante per una proteina di 104 kDa, che media le interazioni proteina-proteina. TEX11 è considerato un fattore meiosi-specifico avente un ruolo nella riparazione della rottura del DNA a doppio filamento. Esso mostra il più alto livello di espressione negli spermatociti in fase di zigotene e il più basso nella fase di leptotene. In una coorte di pazienti azoospermici, questo gene è stato riscontrato mutato in 5 pazienti su 33 pazienti con arresto meiotico e in nessuno dei pazienti con sindrome a sole cellule del Sertoli. Tutti i pazienti mostravano normali livelli di FSH, ad eccezione di un caso avente elevati livelli di FSH (28 UI/l) [5]. Altri autori hanno descritto la presenza di una mutazione di TEX11 in due fratelli azoospermici, affetti da arresto meiotico, aventi un volume testicolare medio di circa 15 ml [6]. Questi dati confermano che TEX11 è necessario per la meiosi nell’uomo.

HAUS7 (localizzato in posizione Xq28) codifica per una componente del complesso umano augmina, ovvero un composto di 8 subunità che assicura l’integrità del centrosoma, l’allineamento dei cromosomi e la loro separazione durante la mitosi e la meiosi. Una variante di questo gene è stata descritta in due fratelli affetti da grave oligozoospermia.

USP26 (Xq26.2) codifica per la proteasi ubiquitino-specifica 26, una proteina testicolo-specifica appartenente alla famiglia degli enzimi deubiquitinanti. Nel topo, questa proteina è localizzata nella barriera emato-testicolare e vicino all’interfaccia delle cellule del Sertoli con le cellule germinali. Varianti di questo gene sono state riportate in 8/111 (7,2%) pazienti con sindrome a sole cellule del Sertoli. Comunque, fra queste, due erano presenti con la stessa frequenza in una popolazione fertile e, quindi, potrebbero non avere un ruolo importante nelle alterazioni della spermatogenesi. Un altro studio condotto su una coorte di 776 pazienti con azoospermia non ostruttiva e 709 controlli fertili ha riscontrato la presenza di mutazioni di questo gene in due pazienti affetti da arresto maturativo allo stadio di spermatocita, mentre nessuna mutazione è stata riscontrata nei controlli. La co-immunoprecipitazione della variante ne ha dimostrato una ridotta attività deubiquitinante, e la sua incapacità a legare il recettore per gli androgeni. Gli autori hanno concluso che questa variante potrebbe avere un ruolo nella patogenesi delle alterazioni della spermatogenesi, probabilmente attraverso un’alterazione della funzione del recettore per gli androgeni [7].

Geni Y-linked

DBY (Yq11.221) codifica per un’elicasi espressa negli spermatogoni, avente la funzione di legare l’RNA e rimodellare i complessi ribonucleoproteici. Questo gene mappa nella regione AZFa, la cui delezione causa sindrome a sole cellule del Sertoli. I dati della letteratura indicano che l’espressione di questo gene è necessaria per la proliferazione delle cellule germinali umane. Un interessante studio condotto per comprendere il ruolo di DBY nella spermatogenesi ha sviluppato una linea cellulare mancante di AZFa, ma DBY positiva. Quando queste cellule sono state trapiantate nei tubuli seminiferi del topo, la spermatogenesi avveniva, a differenza dei topi controllo, ove è stata utilizzata una linea contenente la delezione di AZFa e DBY negativa [9]. Questi dati supportano il ruolo del gene DBY nella determinazione del fenotipo dei pazienti affetti dalla delezione AZFa. In accordo, mutazioni di questo gene sono state identificate in pazienti con sindrome a sole cellule del Sertoli o con grave ipospermatogenesi.

USP9Y (Yq11.221) codifica per la proteasi 9 ubiquitino-specifica e mappa all’interno della regione AZFa. Nonostante mutazioni e delezioni di questo gene siano state riportate in pazienti azoospermici, una delezione di 513.594 paia di basi comprendente questo gene è stata descritta in un uomo normozoospermico, nel fratello e nel padre [10]. Pertanto, USP9Y non sembra necessario per una normale spermatogenesi.

Geni sugli autosomi

MEIOB (localizzato sul cromosoma 16p13.3) è una proteina conservata nei vertebrati, contenente siti di legame di DNA a singolo filamento. Nel topo, il residuo in posizione 383 sembra indispensabile per l’interazione tra MEIOB, SPATA22 e PRA. I topi knock-out per il gene Meiob non formano il crossing-over nelle cellule germinali e sono infertili a causa di arresto in fase meiotica. In linea con questa evidenza, l’omozigosi per una mutazione missenso sul residuo conservato 64 della proteina MEIOB è stata riportata in due pazienti azoospermici. L’analisi istologica (disponibile in solo un paziente) ha mostrato arresto maturativo allo stadio di spermatocita [11].

TEX14 (localizzato in posizione 17q22) codifica per una proteina testicolo-specifica di 1794 residui amminoacidici, altamente conservata nei mammiferi. Essa è localizzata nei ponti intercellulari che collegano le cellule germinali e determina l’inattivazione della divisione delle cellule germinali. Nei topi knock-out per Tex14, la spermatogenesi si arresta prima del raggiungimento della prima divisione meiotica. Inoltre, una delezione di 10 paia di basi a carico del gene, risultante in una proteina tronca, è stata recentemente riportata in due fratelli azoospermici. L’esame istologico mostrava la presenza di spermatogoni in tutti i tubuli esaminati e pochi spermatociti, suggerendo quindi che anche nell’uomo TEX14 possa avere un ruolo nelle fasi iniziali della meiosi [11].

DNAH6 (2p11.2) è un gene poco conosciuto, codificante per una proteina testicolo-specifica, appartenente alla famiglia delle dineine. Questa proteina è stata di recente identificata nel collo degli spermatozoi. Sebbene il suo ruolo sia sconosciuto, l’omozigosi per una mutazione missense è stata identificata in due pazienti azoospermici con arresto completo della spermatogenesi allo stadio di spermatocita. Entrambi presentavano livelli di FSH normali e valori di volume testicolare borderline. Alla luce di tali riscontri, questo gene è stato ipotizzato avere un ruolo nei movimenti rapidi in profase [11].

NR5A1 (9q33.3) codifica per un fattore di trascrizione coinvolto nell’espressione e regolazione dei geni noti avere un ruolo nella steroidogenesi, differenziazione sessuale e riproduzione. Le mutazioni di questo gene sono associate a un ampio spettro di fenotipi, come disgenesia gonadica parziale e completa con o senza insufficienza surrenalica, ipospadia, micropene, anorchia e, nelle donne, insufficienza ovarica primaria. Uno studio condotto su una coorte di pazienti infertili ha riscontrato la presenza di mutazioni a carico di NR5A1 in 4/103 (3,9%) pazienti azoospermici o criptozoospermici, in 2/48 (4,3%) pazienti con oligozoospermia grave (concentrazione spermatica \(<1\) milione/ml) e in 1/50 (2%) pazienti con oligozoospermia moderata (concentrazione spermatica compresa tra 1 e 10 milioni/ml). Nessuna mutazione è stata riscontrata nei controlli fertili normozoospermici [12]. Questi dati sono stati confermati anche in un altro studio [13]. Da un punto di vista istologico, i pazienti affetti da mutazioni del gene NR5A1 mostravano un quadro di sindrome a sole cellule del Sertoli, ipospermatogenesi o arresto alla fase di spermatocita [12, 13]. Considerati tutti i casi riportati, i pazienti con mutazione del gene NR5A1 sembrerebbero avere più frequentemente livelli elevati di FSH (\(>10{,}7~\text{UI/ml}\)) e di LH associati a livelli normali di testosterone. Il volume testicolare medio è stato riportato oscillare tra 7 e 12,2 ml [12, 13]. Alcune mutazioni a carico di NR5A1 sono state descritte, inoltre, in pazienti con oligozoospermia; pertanto, le mutazioni a carico di questo gene sembrerebbero associarsi a un quadro ampio di alterazioni della spermatogenesi.

SOHLH1 (localizzato in posizione 9p34.3) codifica per una proteina che interviene nei processi di spermatogenesi e oogenesi. Essa interviene nei processi di differenziazione degli spermatogoni, insieme a SOHLH2 (13q13.3), probabilmente regolando i geni convolti nel mantenimento della pluripotenza delle SSC. Mutazioni in eterozigosi del gene SOHLH1 sono state descritte in 2/96 e in 2/40 pazienti coreani e giapponesi, rispettivamente, affetti da azoospermia non ostruttiva [14, 15].

Nanos codifica per un regolatore della trascrizione di specifici mRNA coinvolti nella differenziazione delle cellule germinali in Drosophila. Nanos 2 e Nanos 3 hanno un ruolo nella spermatogenesi del topo. Il gene corrispettivo nell’uomo, NANOS1 (10q26.11) sembra anch’esso essere coinvolto nella differenziazione delle cellule germinali. Infatti, l’eterozigosi per la delezione di due residui amminoacidici in posizione 78 e 173 è stata riscontrata in due pazienti polacchi con azoospermia non ostruttiva e livelli di FSH aumentati. Il quadro istologico, disponibile solo in un paziente, mostrava un quadro di sindrome e sole cellule del Sertoli. Inoltre, mutazioni missenso di questo gene sono state riportate in pazienti con oligozoospermia grave.

ZMYND15 (17p13.2) codifica per un repressore della trascrizione deacetilasi-dipendente testicolo-specifico, suggerito avere un ruolo nel controllo temporale dell’espressione dei geni nelle cellule aploidi (es. Prm1, Tnp1, Sper1 e Catsper3) durante la spermatogenesi. Nel topo, la sua inattivazione comporta la deplezione degli spermatidi in fase tardiva. Il quadro istologico testicolare riscontrato in pazienti azoospermici con una mutazione a carico di ZMYND15 risultante in una proteina tronca mostra, in accordo ai dati preclinici, un arresto maturativo allo stadio di spermatide [16]. Un altro studio ha riscontrato la presenza di una mutazione di questo gene in tre fratelli azoospermici. In uno dei tre, spermatozoi ritrovati dai testicoli hanno permesso il raggiungimento della gravidanza mediante procreazione medicalmente assistita e la nascita di una coppia di gemelli [17]. Questi dati suggeriscono che, nell’uomo, questo gene possa avere un ruolo nella meiosi II e, pertanto, le sue mutazioni potrebbero predire positivamente il recupero spermatico dai testicoli dei pazienti azoospermici.

SYCP3 (localizzato in posizione 12q23.2) codifica per la proteina 3 del complesso sinaptonemale e ha un ruolo molto importante nella prima divisione meiotica. Nel topo, il knockout per questo gene causa azoospermia con arresto della meiosi. Una delezione a carico del gene, determinante l’espressione di una proteina tronca è stata descritta in 2/19 (11%) pazienti azoospermici con arresto maturativo. Nessuno dei controlli fertili (0/75) ha mostrato mutazioni di SYCP3 [18]. Ciò supporta il ruolo di mutazioni patogenetiche a carico di questo gene nell’eziologia di alcune forme di arresto maturativo nei pazienti azoospermici.

Diversi altri geni sembrerebbero avere un ruolo nelle alterazioni quantitative e qualitative della spermatogenesi. Una lista più completa è fornita in Tabella 1.

Conclusioni

Le evidenze della letteratura suggeriscono che mutazioni a carico di geni aventi un ruolo chiave nella spermatogenesi potrebbero spiegare alcune forme di infertilità, considerate erroneamente come idiopatiche. La valutazione di un panel genetico adatto in pazienti con azoospermia o con oligozoospermia grave non altrimenti spiegata, è in grado di ridurre il tasso di idiopaticità. L’applicazione di tali evidenze nella pratica clinica non sembra solo limitata all’identificazione dell’eziologia dell’infertilità, ma potrebbe avere un ruolo nell’iter decisionale, seguito nel corso della gestione del paziente e, quindi, della coppia infertile. Negli ultimi mesi, infatti, sono stati pubblicati dati, sull’uomo, relativi a specifiche mutazioni di geni aventi un ruolo nei processi di meiosi I, associati ad arresto maturativo. Tali mutazioni, se presenti, possono essere utili per predire la probabilità di recupero di spermatozoi nei pazienti azoospermici e potrebbero, pertanto, rivestire un ruolo importante nel corso della gestione dei pazienti con azoospermia.