Astratto
Ciascuno di noi ha nella propria casa un luogo preferito, dove rifugiarsi quando desidera stare solo con se stesso per riflettere e dare il giusto peso a quel che accade nella vita o semplicemente per godere della compagnia di un buon libro. Anche il dottor Gastald non sfuggiva a questa regola e, quando gli impegni glielo consentivano ed il tempo era clemente, amava trascorrere qualche ora in uno spicchio dell’orto che si apriva dietro alla sua abitazione. Si trattava di un rettangolo di Paradiso, come diceva lui, delimitato per due lati dal muretto di mattoni rossi, erosi dall’umidità, che lo separava dal giardino del vicino e, per gli altri due, dalle sottili colonne che reggevano un pergolato sul quale un glicine aveva disteso le sue braccia vegetali. Un gelsomino abbarbicato al muro ed un cespuglio di rosmarino contribuivano a rendere l’aria sempre pervasa da freschi profumi. E fu proprio in quel luogo che mastro Fabrius, passato a salutare il dottore in quel primo pomeriggio d’estate, lo trovò seduto davanti ad un tavolino di nera ghisa, decorato con motivi floreali.
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di Saleri, F. (2008). La torre d’avorio. In: I numeri nel cuore. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-0714-7_10
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