1Molte risorse nei territori montani italiani, come boschi, prati, pascoli, malghe, sentieri e strade di montagna, sono tradizionalmente governate da istituzioni di uso civico o di proprietà collettiva (Greco 2014). Queste istituzioni derivano dall’esigenza delle popolazioni di gestire autonomamente e collettivamente le proprie risorse per garantire il proprio sostentamento in condizioni climatiche difficili. In questo senso, hanno garantito sia la conservazione delle risorse così come lo sviluppo del territorio (Granet-Abisset 2015). Tali risorse e beni governati collettivamente e - in alcuni casi - posseduti da istituzioni di proprietà collettiva e di uso civico possono essere inquadrati nella letteratura sui commons (Gatto e Bogataj 2015, Favero et al. 2016, Bassi e Carestiato 2016). Oggi, tuttavia, le attuali trasformazioni socioeconomiche nella regione alpina legate ai megatrend (cambiamento climatico e scarsità di risorse, cambiamento demografico, economia globale) stanno sfidando questo sistema di gestione delle risorse da molte prospettive. Le trasformazioni socioeconomiche stanno mettendo in discussione il modo in cui le risorse sono percepite, gli interessi su di esse e le possibili forme di governance. Di conseguenza, l'attuale sistema di gestione e cura collettiva delle risorse rischia di deteriorarsi fino a scomparire.
2Molti studi si sono concentrati sull'adattamento dei sistemi di commons tradizionali come quelli alpini ai cambiamenti socioeconomici (Gatto e Bogataj 2015, Bassi e Carestiato 2016, Oliverio 2018, Gretter et al. 2018). Tuttavia, pochi studi analizzano la prospettiva di innovazione dei commons con l'obiettivo di districare la tensione tra questi sistemi tradizionali e i nuovi bisogni socioeconomici emergenti e i potenziali stakeholder (Sick 2008). Pochi studi analizzano la capacità dei commons rurali e più in generale dei sistemi socio-ecologici di trasformarsi per diventare resilienti (Mies e Bennholdt-Thomsen 2001, Gibson-Graham et al. 2016, Folke et al. 2010). L'obiettivo di questo contributo è quindi triplice. Esso intende riflettere sull'impatto dei cambiamenti socioeconomici in corso nelle Alpi italiane, in relazione ai commons. L’articolo intende inoltre ricercare nuovi approcci per la concettualizzazione dei commons. Muovendo dalle pratiche concrete, il contributo intende indagare come i commons possano essere innovati e trasformati nel contesto dei cambiamenti socioeconomici in corso e al fine di renderli più resilienti e socialmente inclusivi rispetto al loro accesso (Agrawal 2014). Per il primo e il secondo obiettivo, è stata condotta un'ampia revisione della letteratura. Per il terzo, è stato adottato un approccio basato su casi studio. L'approccio esplorativo utilizzato nell'indagine dei quattro casi studio è stato utile per acquisire conoscenze a riguardo dello status quo, verificare l'appropriatezza delle domande di ricerca e definire domande e linee di ricerca future. Lo studio prepara il terreno per ulteriori indagini strutturate che esplorino le relazioni causa-effetto in modo più esplicativo (Yin 2003). Il risultato del contributo è un tentativo di aprire la discussione sui commons arricchendo il discorso accademico che li riguarda con approcci che stanno emergendo in vari campi di analisi.
3Le forme di gestione collettiva sono considerate efficienti nel preservare i beni naturali da pratiche di free riding perché la comunità si auto-organizza e sviluppa regole per l'uso delle risorse locali (Ostrom 1990 in Nyssens e Petrella 2015). Secondo Ostrom (1990), i commons sono caratterizzati da tre componenti: a) la presenza di una risorsa comune rivale e non esclusiva; b) un insieme di regole sull'accesso, il recesso e gli usi della risorsa condivise dai membri del commons (commoners); c) un regime di proprietà collettiva o di uso civico. Queste componenti si riferiscono principalmente a questioni relative a quale comunità di utenti sia inizialmente definita come avente diritti d'uso e a chi sia escluso dall'accesso ad una risorsa comune (Ostrom et al. 1999). Schlager e Ostrom (1992) hanno illustrato i diritti di proprietà e di decisione collettiva, che comprendono l'accesso e il recesso, la gestione (il diritto di regolare i modelli d'uso interni e di trasformare la risorsa apportandovi miglioramenti), l'esclusione (il diritto di determinare chi possiede un diritto di accesso) e l'alienazione (il diritto di vendere o affittare i diritti a scelta collettiva).
Nell'area alpina, queste istituzioni sono state stabilite a partire dal XII secolo attraverso le “Carte di Regola. Queste erano una forma di riconoscimento dei diritti della popolazione a stabilire autonomamente regole comuni rispetto ai poteri centrali per garantire un uso pacifico delle risorse collettive e la conservazione delle stesse per le future generazioni di utilizzatori (Pace 1999). Questi sistemi di economie morali rispondevano a necessità di accesso e prelievo di risorse in una situazione di scarsità, bassa produttività e condizioni climatiche difficili per attività come il taglio del legname, l'estrazione di risorse naturali per costruzioni e mobilio, ed il pascolo di animali (Gatto 2017, Casari 2007, Mies e Bennholdt-Thomsen 2001). Si basavano su regole rigide di accesso, ritiro ed esclusione (Casari 2007). I poteri decisionali erano (e spesso sono) detenuti da rappresentanti maschili (pater familias) dell´istituzione, anche se tutte le persone che vivevano permanentemente nell'area di competenza potevano generalmente raccogliere le risorse di uso civico. Gli estranei erano (e spesso sono) esclusi dall'uso delle risorse comunali, anche se vivevano nel territorio da molto tempo.
4Nei secoli XIX e XX, interventi di modernizzazione culminati nella legge n.1766/1927 hanno cercato di smantellare o razionalizzare questo sistema di gestione delle risorse. Dopo questa legge e la legislazione successiva, sono state create istituzioni di amministrazione separata dei beni di uso civico (ASUC) (Federico 2002). Questa legislazione e le successive hanno portato all'evoluzione delle istituzioni di proprietà collettiva e degli usi civici, che possono essere distinte in due categorie più una ibrida (Carestiato 2008): istituzioni "chiuse", in cui le risorse sono di proprietà privata di un gruppo di proprietari che ereditano il diritto di proprietà, e istituzioni "aperte", in cui il diritto di uso e sfruttamento delle risorse è riconosciuto a tutti i residenti. Nelle forme ibride, i diritti di proprietà collettiva e di uso civico sono passati per eredità e riconosciuti anche ai residenti dopo un lungo periodo di residenza permanente nella regione (tipicamente 20-30 anni) (Rosá 2014). Questa modalità di gestire le risorse ha finora garantito l'equilibrio tra attività produttive e tutela ambientale. Tuttavia, si basa su una logica di esclusione.
5Le istituzioni di proprietà collettiva e degli usi civici sono il prodotto della necessità delle popolazioni delle zone rurali di montagna di gestire autonomamente e collettivamente le proprie risorse per garantire il proprio sostentamento. Oggi, tuttavia, le trasformazioni in corso nelle Alpi italiane stanno mettendo in evidenza i limiti di questo modo tradizionale di amministrazione delle risorse. Una progressiva penetrazione degli interessi economici globali a livello locale sta determinando il commercio delle materie prime e l'uso associato delle risorse assieme a nuovi modelli di produzione (Jodha 2000). Essi riguardano per esempio il turismo, la produzione di energia rinnovabile, l'agricoltura intensiva (Mayer et al. 2013). La ristrutturazione delle economie di montagna porta a un'intensificazione selettiva dello sfruttamento delle risorse in risposta ai segnali del mercato, mentre aumenta le disparità con i territori meno attraenti e redditizi (Jodha 2000). In questo tipo di economie, la maggior parte degli scambi avviene sul mercato: le risorse collettive sono estratte e vendute (per esempio il legname) o sono affittate (per esempio i pascoli e le malghe) dai proprietari collettivi che agiscono insieme come farebbe un'impresa (Rosá 2014). C'è solo una marginale estrazione e utilizzo diretto della risorsa condivisa da parte della comunità locale. Dal punto di vista demografico, il megatrend dell'urbanizzazione sta determinando lo spopolamento, l'invecchiamento della popolazione e l’emigrazione dei talenti dalle regioni meno attraenti (come gli insediamenti di alta quota non vocati al turismo). Tuttavia, negli ultimi decenni sono iniziate controtendenze di ripopolamento delle montagne da parte di nuovi abitanti (stranieri e nazionali), chiamati “nuovi montanari” (Membretti et al. 2017, Corrado et al. 2014). I cambiamenti demografici creano spazi di negoziazione sui diritti di uso delle risorse tra "nuovi" e "vecchi" abitanti, determinano un cambiamento culturale e l’introduzione di nuove idee, di risorse sociali ed umane (Membretti e Viazzo 2017).
6Gli effetti di queste tendenze sui commons sono stati affrontati da molti studiosi da diverse prospettive. Mies e Bennholdt-Thomsen (2001) hanno individuato una tendenza alla svalutazione e/o idealizzazione di molti commons: le risorse non sono più considerate fonte di sostentamento per la comunità, quindi la loro gestione collettiva diventa inutile per le popolazioni locali, le quali possono ora contare su redditi derivanti da attività basate su altre risorse o attività in altri settori tout court. Le risorse rimangono quindi sottoutilizzate, abbandonate, o diventano simboli nostalgici dell'identità passata del territorio, allontanando i membri da un ruolo attivo nelle istituzioni. In modo simile e più sistematico, Gatto e Bogataj (2015) riflettono sulle principali pressioni che influenzano i commons forestali nelle Alpi sud-orientali. La prima è la struttura demografica interna delle comunità, con la riduzione o l'espansione del numero dei membri. La seconda è la diminuzione dell'impegno nelle attività di gestione o nelle procedure decisionali. La solidità dei commons è messa in discussione dalla crescente richiesta di modelli più aperti e socialmente inclusivi, che tengono conto della maggiore eterogeneità delle comunità nell'accesso alle risorse. La terza fonte di pressione è l'allentamento dei legami delle comunità rurali con le loro risorse, "che apre la strada a conflitti tra usi forestali e agricoli e infrastrutture, sviluppo urbano, uso ricreativo o amenità" (Gatto et al. 2012). L'ultima fonte di disturbo riguarda la necessità di una legislazione favorevole che riconosca l'autorità dei commons nell'autogestione delle risorse.
7Ciononostante, i commons nelle Alpi sono radicati nelle tradizioni locali (Gretter et al. 2018) e molte regioni in Europa "stanno attualmente assistendo a un revival dell'azione collettiva dal basso da parte dei cittadini che prediligono l'autogestione come modello di amministrazione delle loro risorse" (Bassi e Carestiato 2016). Questa tendenza è spiegabile con il riconoscimento dell'importanza delle risorse locali per lo sviluppo di una regione. Le trasformazioni sociali in corso mettono in discussione il sistema tradizionale di governo dei beni collettivi. Esse mettono in discussione il modo in cui le risorse collettive sono concepite (cosa è in comune, quali usi sono essenziali e quindi da gestire collettivamente?), e il modo in cui sono utilizzate e gestite dai comuni (quali regole di accesso, recesso, esclusione ed alienazione si adattano meglio alla nuova concezione della risorsa collettiva, di chi sono i commons?). Le trasformazioni in corso e il loro impatto sui commons rurali evidenziano la necessità di indagare come questi sistemi possano trasformarsi per mantenere la loro rilevanza e importanza per lo sviluppo rurale di montagna.
8La riflessione sulle trasformazioni socioeconomiche in corso nelle Alpi italiane e i loro effetti sui commons di questi territori ci ha portato a cercare prospettive recenti che riformulino la concezione delle risorse collettive e del loro uso in risposta al cambiamento dei bisogni, della composizione e della definizione della comunità.
9L'approccio di stewardship (o custodia) si basa sul concetto che la terra è una risorsa comune da proteggere attraverso lo sforzo collettivo. L'approccio riconosce la proprietà e la responsabilità della cura delle risorse a chi è disposto ad utilizzarle (Davis 2014). Connettere la scala della proprietà con quella della custodia di una risorsa "suggerirebbe approcci eterogenei al governo dei commons, in cui le azioni individuali si aggregano su una scala superiore per compiere più di quanto i singoli attori intendano" (Nassauer 2014). Per questo motivo, la stewardship implica una governance collettiva, che include più attori responsabili per sviluppare condizioni desiderabili di fronte ai cambiamenti (Chapin et al. 2009). Essa fa leva sullo sviluppo delle competenze nelle comunità locali e sulle relazioni tra i membri della comunità, e anche con altre comunità, governi locali, organizzazioni no-profit e attori privati. Questa prospettiva permette di ridefinire chi può partecipare al processo decisionale sui diritti di proprietà e sull'uso delle risorse, sulla base del riconoscimento dell'interesse comune su una risorsa.
10Il commoning è una pratica sociale dinamica che parte dal riconoscimento del bisogno di una risorsa da parte della comunità, dal suo riconoscimento come risorsa comune e dall'attivazione della comunità nella gestione collettiva della stessa (Euler 2018). L'assunto alla base di questo ragionamento è che non esistono commons senza comunità che percepisca la risorsa come necessaria per la propria sopravvivenza o sussistenza e se ne prenda cura (Mies 2014). Questa prospettiva sui commons permette di ridefinire la comunità di riferimento di una risorsa collettiva intorno a coloro che riconoscono le necessità di gestirla come tale. Per questo, la distinzione tra comunità di luogo, comunità di identità e il riconoscimento di una comunità di interesse (Means e Evans 2012) può aiutare a scindere i diritti di proprietà e gli usi e i bisogni reali intorno ad una risorsa collettiva in un commons.
11Letteratura recente sta emergendo sul re-embedding (reinserimento o reintegrazione) dei commons nell'economia (Mies e Bennholdt-Thomson 2001) e sulla re-integrazione dell'economia nella società attraverso i commons, i.e. nelle relazioni sociali e nei valori di reciprocità (Nyssens e Petrella 2015). Secondo la letteratura femminista e l'approccio dell'economia sociale e solidale, il re-embedding dell'economia nei sistemi ecologici sociali comporta la riformulazione di ciò che si intende per "economia". L'economia è concettualizzata come la gestione o la negoziazione (nomos) dell'habitat (eco). In questa ri-concettualizzazione dell'economia, i commons fungono al mantenimento dell'habitat e per soddisfare i bisogni di base, sostenere il benessere reciproco, consumare in modo sostenibile e distribuire il surplus naturale e sociale per aumentare la salute sociale ed ambientale (Gibson-Graham et al. 2016). Tuttavia, queste funzioni dei commons possono portare a esiti radicalmente diversi, a seconda se l'accesso ai commons (e alla comunità) sia relativamente aperto, anche a soggetti più eterogenei, o chiuso. Nel primo caso, i commons sono percepiti come la governance delle risorse collettive che soddisfa l'interesse generale, mentre nel secondo caso sono atti a soddisfare l'interesse reciproco ed interno delle comunità ai propri beni identitari (Nyssens e Petrella 2015).
12Dalla letteratura esaminata si ricavano due tensioni emergenti che mettono in discussione il sistema tradizionale dei commons: a) una tensione sociale verso l'inclusione di nuovi stakeholder nell'accesso, nel recesso, nella gestione delle risorse collettive nel sistema dei commons; b) una tensione economica verso un reinserimento dei commons nell'economia, intesa come cura dell'habitat.
13Per affrontare le tensioni emergenti che mettono in discussione i commons, applichiamo ai commons i concetti di resilienza e di trasformabilità. La resilienza è intesa come "il potenziale intrinseco di un sistema che è disponibile al cambiamento" (Holling 2001, p. 393) e può essere considerata come una misura di successo per affrontare le trasformazioni socioeconomiche che aumentano la vulnerabilità dei commons. Per trasformabilità si intende "la capacità di creare un sistema socio-ecologico fondamentalmente nuovo quando il contesto ecologico, politico, sociale o economico rende insostenibili le condizioni esistenti" (Folke 2006 cit. in Gibson-Graham 2016). Per applicare le nozioni di resilienza e trasformabilità ai commons, dobbiamo ricordare cosa siano i commons. Questi sono sistemi di governo delle risorse che soddisfano i bisogni di una comunità. I commons resilienti sono quei sistemi che mostrano la capacità di affrontare cambiamenti socioeconomici pur mantenendo la loro funzione, modificando le loro componenti di base. Le componenti sono ad esempio le risorse, le regole e la comunità di riferimento (commoners) di un bene comune. Per trasformabilità di un commons, intendiamo invece la trasformazione delle regole di inclusione nella comunità di riferimento in base alla mutevole demografia delle regioni rurali di montagna e ai nuovi usi e ai nuovi significati di una risorsa collettiva, riconoscendo nuovi stakeholders che partecipano al processo di negoziazione, e trasformando l'uso e il posto che la risorsa ha nell'economia di riferimento. Si ipotizza che i commons incapaci di trasformarsi per adattarsi ai cambiamenti non siano resilienti, andando incontro all’essere considerati disfunzionali o irrilevanti come sistema di governo delle risorse collettive dagli stessi commoners.
14Sulla base della riflessione appena fatta sulla resilienza e la trasformabilità dei commons, al fine di indagare la messa in discussione dei commons in risposta ai cambiamenti socioeconomici, abbiamo identificato due dimensioni. La prima dimensione è legata al loro grado di apertura all’accesso. Si va dal polo rappresentato dalla comunità chiusa, dove i diritti di proprietà collettiva e gli usi sono ereditati da legami familiari, al polo rappresentato dalla comunità aperta, in relazione al coinvolgimento di nuovi abitanti o di nuovi attori nei commons. La seconda dimensione si riferisce al grado di integrazione dei commons nelle relazioni e nei valori tradizionali o ri-economizzati, andando dal polo rappresentato dalla prospettiva identitaria al polo rappresentato dall'economia. Attraverso i continuum mostrati nella figura 1, ipotizziamo che la trasformabilità dei commons per raggiungere la resilienza ai cambiamenti socioeconomici si ottenga attraverso un grado di apertura della comunità di riferimento, ma anche attraverso un riconoscimento del ruolo di stewardship alle persone che sono responsabili della cura della risorsa collettiva. La resilienza dei commons passa anche attraverso il reinserimento dei commons nell'economia e nella società, trasformando la funzione socioeconomica dei commons verso lo sviluppo del senso di necessità di cura dell'habitat, come risorsa di base per il sostentamento e la prosperità della comunità. È possibile raggiungere la resilienza trovando quindi un equilibrio tra l'interesse generale e l'interesse reciproco degli stakeholders rispetto ad una risorsa, come mostrato dai gradienti che tendono ai poli opposti.
Figura 1. Concettualizzazione dei continuum dell’analisi dei commons
Fonte: elaborazione propria.
15L'articolo si propone di indagare fino a che punto i commons siano messi in discussione in un contesto di cambiamento socioeconomico e come la messa in discussione porti a pratiche di commoning trasformative, utilizzando un approccio basato su casi studio (Yin 2003). L'approccio ci permette di fornire una descrizione approfondita e contestualizzata, appropriata quando si intende trattare fenomeni complessi e dipendenti da un contenuto che si presenta nel momento presente, come quello oggetto di studio. A causa dell’originalità dell'obiettivo dello studio, è stato adottato un approccio di ricerca esplorativo, nel quale sono stati applicati principalmente metodi di ricerca qualitativi mutuati dalle scienze sociali (e.g. interviste, workshop, osservazione non strutturata dei partecipanti).
16Quattro casi studio sono stati selezionati per l'indagine. I criteri adottati per la selezione dei casi studio sono i seguenti. In primo luogo, la diversità nelle forme istituzionali dei commons individuati, soprattutto in relazione all'assegnazione dei diritti, alle regole di inclusione ed esclusione, e ai tipi di utilizzo delle risorse. Così, abbiamo selezionato un'istituzione di uso civico, due istituzioni storiche di proprietà collettiva e una cooperativa di comunità per la gestione dei beni collettivi. La cooperativa di comunità non possiede la proprietà collettiva o i diritti d'uso civico di per sé, ma costituisce un modello trasformativo per la governance delle risorse collettive. Secondo l'applicazione delle nozioni di resilienza e trasformabilità ai commons presentate all'inizio di questa sezione, tutti i casi selezionati possono essere considerati nell'analisi. Il modo in cui i casi rappresentano la diversità dei commons in termini di apertura della comunità e uso delle risorse è spiegato nella prossima sezione. Inoltre, è stato adottato il criterio di diversità istituzionale combinata con la localizzazione geografica: i quattro casi studio possono infatti essere raggruppati in due valli della regione presa in esame per lo studio, e in ogni raggruppamento sono stati selezionati un commons aperto ed uno chiuso o ibrido. Infine, una buona conoscenza preventiva del territorio e degli stakeholder è stata criterio importante per la selezione, in quanto ha permesso di ottenere l'accesso alle comunità e alle informazioni necessarie per portare avanti l’analisi.
17La raccolta dei dati è stata effettuata da gennaio a settembre 2019. Un primo workshop si è tenuto a gennaio 2019, dove i rappresentanti delle varie realtà (casi studio) sono stati invitati a discutere e presentare le loro istituzioni e le sfide attuali e future che stanno affrontando in termini di gestione delle risorse collettive. In seguito, abbiamo condotto interviste approfondite semi-strutturate (quattro in totale) con il rappresentante di ogni istituzione (il presidente o il direttore) per raccogliere maggiori informazioni sulle regole di attribuzione dei diritti di proprietà collettiva, la definizione delle comunità e la concezione delle risorse collettive e del loro utilizzo (le linee guida per le interviste possono essere consultate nell'allegato). Inoltre, sono state chieste informazioni sulle strategie e le trasformazioni dei commons che stanno adottando per far fronte alle trasformazioni socioeconomiche del contesto. Le attività di ricerca sul campo sono state consolidate con ricerche e consultazioni di documenti e con interviste supplementari per confermare i dati raccolti e analizzati. Inoltre, è stata condotta un'osservazione partecipata non strutturata, avendo avuto la possibilità di vivere in prossimità dei casi studio analizzati. I dati raccolti sono presentati nella prossima sezione.
18L'approccio esplorativo utilizzato nell'indagine dei quattro casi studio si è dimostrato utile per acquisire la conoscenza dello status quo, verificare l'adeguatezza delle domande di ricerca e definire domande e linee di ricerca future, così come per preparare il terreno ad ulteriori indagini strutturate che possano esplorare le relazioni causa-effetto messe in luce dal presente studio in modo più esplicativo (Yin 2003).
19La Provincia Autonoma di Trento è un territorio montano situato nelle Alpi centro-orientali. Si trovano qui 102 istituzioni di proprietà collettiva e di diritto d'uso civico, e le terre collettive coprono il 60% della superficie totale della provincia (75.535 ha; Greco 2014). Sebbene queste cifre includano anche quelle proprietà collettive amministrate dalla pubblica amministrazione, che esulano dal nostro ambito di analisi, esse dimostrano che la provincia di Trento (insieme alla provincia autonoma di Bolzano) forma la regione in Italia dove si trova la maggior parte delle terre gestite collettivamente. Nella regione, istituzioni ibride di proprietà collettiva (Regola) e istituzioni di uso civico (Amministrazione Separata di Beni di Uso Civico - A.S.U.C) operano a livello delle frazioni e sono le tradizionali forme di gestione collettiva delle risorse. In tempi più recenti, la tendenza a costituire istituzioni di azione collettiva da parte delle comunità e degli attori locali dimostra l'interesse a rinnovare il sistema tradizionale di gestione collettiva delle risorse con riguardo al loro accesso ed utilizzo. La cooperativa di comunità è un esempio di questo nuovo tipo di organizzazione comunitaria. I quattro casi studio selezionati mirano a rappresentare la citata diversità delle istituzioni che governano le risorse collettive. La figura 2 mostra i dati e le informazioni per ogni caso studio selezionato. La figura 3 ne mostra l’ubicazione.
Figura 2. Informazione sintetica sui casi di studio selezionati
Fonte: elaborazione propria basata su Rosá 2014, Provincia Autonoma di Trento e interviste.
Figura 3. Ubicazione dei casi di studio nella Provincia di Trento
Fonte: elaborazione propria.
20Le informazioni raccolte e le dimensioni concettualizzate permettono di classificare i casi studio secondo i continuum della dimensione comunitaria e dell'uso delle risorse (figura 4), illustrati nella sezione precedente. Nel prossimo paragrafo vengono presentate le pratiche di cura e gestione collettiva sviluppate nei casi studio, giustificandone la loro collocazione nel grafico.
Figura 4. Categorizzazione dei casi studi secondo i due continuum
Fonte: Autore.
21Per quanto riguarda la dimensione comunitaria, dall'analisi dei casi studio (CS) sono emerse le seguenti pratiche. In CS4 e CS1, sono stati ristabiliti i legami tra i membri della comunità ed è stato creato un ponte con i nuovi membri. Questo è stato fatto nel CS4 dissociando la partecipazione alla gestione collettiva delle risorse (rifugi e sentieri) dall'appartenenza al luogo e collegandola invece all'interesse a prendersi cura delle stesse. La cooperativa di comunità ha sviluppato un processo di dialogo con le istituzioni di uso civico della regione per ottenere la gestione dei rifugi abbandonati o sottoutilizzati. Chiunque abbia un progetto o un forte interesse nel prendersi cura e gestire la risorsa può investire e chiedere di diventare membro della cooperativa. In questo modo, gli imprenditori sociali, i progettisti e gli attivisti locali, ma anche i turisti che hanno una seconda casa nella regione potenzialmente possono contribuire e partecipare portando nuove risorse (ad esempio idee, nuove energie così come fondi) nella gestione collettiva della risorsa locale. Nel CS1, anche ai nuovi abitanti che non hanno pieno diritto di accesso ai commons (che vengono acquisiti dopo 10 anni di residenza) è permesso accedere e raccogliere legna nelle terre civiche, così come a partecipare agli eventi culturali e sociali organizzati dai censiti dell´A.S.U.C. Inoltre, sia CS1 che CS4 hanno lavorato per condividere le pratiche, rispettivamente creando nuove reti di commons a livello locale (CS4) e partecipando a reti esistenti di istituzioni di uso civico a livello regionale (CS1). Le strategie di networking e collaborazione mirano ad affrontare le sfide comuni (per esempio l'iper-burocratizzazione, o la mancanza di coinvolgimento attivo). Diversamente, CS2 e CS3 tendono verso il polo della comunità chiusa. Anche se le loro istituzioni sono state classificate come ibride (i diritti di proprietà sono sia ereditari che per residenza), i requisiti per ottenere i diritti sono stringenti: 30 anni di residenza continua dopo la registrazione nel registro della Regola in CS3 e 20 anni in CS2. Indipendentemente dall'attribuzione dei diritti, tutte le istituzioni prese in esame organizzano attività sociali e culturali per la comunità, un fatto importante per promuovere e sostenere il sentimento di legame e identità nei commons.
Figura 5. Attività di cura dell’habitat nel CS1
Fonte: Robert Brugger, 2019.
Figura 6. Membri del CS4 illustrano il Progetto alla comunità
Fonte: Luca Albrisi, 2019.
22Per quanto riguarda la dimensione sull'uso delle risorse (economica), tutti i casi hanno attuato strategie di reinserimento dei commons nell'economia, superando la visione dicotomica che oppone lo sviluppo economico alla conservazione delle risorse. Questo è stato fatto valorizzando le filiere locali e l'uso sostenibile delle risorse, anche se in misura diversa e con diversi concetti di conservazione delle risorse. Le strategie attuate riguardano la valorizzazione di forme di imprenditorialità nei commons che si prendono cura del territorio: in particolare, i CS1 e CS4 promuovono l'agricoltura biologica locale di piccole dimensioni, le attività culturali e il turismo dolce, che aumentano la consapevolezza verso le istituzioni di risorse collettive. Nel CS1 in particolare, viene combinato l'impegno per la cura dei commons e l'imprenditorialità giovanile: la concessione di uso gratuito di pascoli di uso civico è data ai giovani agricoltori locali, in cambio del lavoro di cura del pascolo (e del paesaggio) che l'attività fornisce alla comunità. In maniera differente, ma similare, essendo il CS4 una cooperativa di comunità, tutti i ricavi (al netto dei costi e degli stipendi delle risorse umane impiegate) devono essere reinvestiti nella regione, con benefici anche al di fuori della comunità dei commoners. I CS1, CS2 e CS3 hanno attuato strategie per preservare razze autoctone bovine, suine e ovine nell'allevamento e nella produzione di prodotti lattiero-caseari. Tutti i casi riconoscono i saperi e l'agro biodiversità come risorse collettive da preservare. A differenza dei CS1 e CS4, i CS2 e CS3 hanno un forte orientamento verso la vendita di unità di risorse, per esempio il legname nel mercato delle costruzioni, gli elementi naturali o paesaggistici come prodotti turistico, o l'affitto di beni collettivi, per esempio i pascoli e le baite a imprenditori esterni alla comunità dei censiti. Le entrate sono condivise (solo) tra i commoners in diverse forme (denaro per coprire i costi di riscaldamento, premi per gli esami universitari e scolastici per i giovani censiti, offerta di corsi sportivi gratuiti, locazione gratuita di case e edifici di proprietà collettiva) o reinvestite nella rigenerazione delle risorse nei commons.
Figura 7. Re-economizzazione dei commons attraverso attività culturali nel CS1
Source: Robert Brugger, 2019.
Figura 8. Re-economizzazione dei commons attraverso il turismo dolce nel CS4
Source: Cooperativa Fuoco, 2019.
23Dai risultati, emerge che nei casi nei quali si tende all'apertura della comunità (cioè nei CS1 e CS4) si ritrovano strategie di trasformazione che permettono l'ingresso di nuove idee ed impegni, i quali aumentano la resilienza dei commons. Questo è stato realizzato aumentando il numero degli stakeholder nel processo di negoziazione sulla gestione collettiva delle risorse e collegando i commons attraverso reti per affrontare sfide al di là delle prospettive locali. Le regole riconoscono la proprietà della risorsa ai residenti della regione (attraverso la cittadinanza) o ai membri della cooperativa. Diversamente, quei casi studio che hanno regole ereditarie o regole rigide per i residenti (cioè CS2 e CS3), hanno più difficoltà a trasformare i commons per essere resilienti ai cambiamenti dei bisogni (demografici, economici e culturali) e delle condizioni del contesto.
24L'articolo ha mostrato che le trasformazioni in corso nelle regioni alpine stanno mettendo in discussione il sistema radicato di gestione collettiva delle risorse. Le trasformazioni mettono in discussione i commons rurali di montagna nelle loro tre componenti: a) il modo in cui le risorse collettive sono concepite, b) il modo in cui sono utilizzate e gestite dai commoners, c) il concetto stesso di comunità come riferimento per una risorsa collettiva. La posta in gioco è la resilienza dei commons come sistemi di governance collettiva delle risorse montane. Le trasformazioni mettono anche in discussione come i commons possano permettere l'empowerment delle comunità attraverso l'autogestione delle risorse e la sostenibilità nella gestione delle stesse.
25Anche se esplorativi, i risultati mostrano empiricamente come i commons siano messi in discussione e quali strategie di trasformazione sono state implementate per la loro stessa resilienza. La messa in discussione dei commons rurali può essere generalizzata in due tensioni emergenti: a) verso una ri-concettualizzazione dell'inclusione e dell'esclusione nell'accesso, nel recesso e nella gestione delle risorse collettive nel sistema dei commons, attraverso il loro nuovo significato e il riconoscimento di nuovi attori nell'azione collettiva; b) verso una nuova integrazione dei commons nell'economia, intesa come cura collettiva dell'habitat. I nostri risultati confermano che trasformare i commons significa trovare nuove forme di governance che riattualizzino il senso dei commons rurali montani (Gretter et al. 2018, Oliverio 2018) in un contesto caratterizzato da ristrutturazioni delle economie montane, spopolamento e emigrazione dei talenti, ma anche controtendenze di ripopolamento (Jodha 2000, Membretti et al. 2017, Corrado et al. 2014). Le strategie di reinserimento dei commons nell'economia e nella società mirano a superare la visione dicotomica che oppone lo sviluppo economico alla conservazione delle risorse. Sono inoltre dirette a rafforzare forme di imprenditorialità che si prendano cura del territorio. Queste strategie possono essere considerate come forme di economia comunitaria e solidale in commons basati sulle risorse locali (Gibson-Graham et al. 2016, Laville 2010).
26Prima di trarre qualsiasi conclusione, dobbiamo richiamare le teorie rilevanti sul funzionamento dei commons e il percorso storico e tradizionale che questi sistemi hanno subito nell'intera regione alpina. I commons hanno specificità territoriali e sono basati su un insieme di diritti di proprietà ben definiti (Pace 1999, Casari 2007). In maniera teorica, i commons sopravvivono grazie a forme di esclusione che li tutelano da uno sfruttamento eccessivo delle risorse (Ostrom et al. 1999, Schlager e Ostrom 1992). Ciò considerato, il nostro studio esplorativo ha contribuito ad arricchire la conoscenza accademica sui commons con approcci emergenti come quelli sul commoning, sulla stewardship, sulle economie di comunità e solidali. Basandoci sulla revisione della letteratura e sull'analisi dei casi studio possiamo ora trarre alcune conclusioni.
27I concetti di commoning e stewardship (Davis 2014, Nassauer 2014, Chapin et al. 2009) contribuiscono ad arricchire la riflessione sui commons in quanto aprono la strada alla creazione di una “comunità di cura” intorno ad una risorsa in base all'interesse e ai bisogni che essa soddisfa. Aiutano anche ad "ammorbidire" la distinzione tra i poli di comunità di luogo rispetto a comunità di interesse, particolarismo rispetto a universalismo, interesse reciproco rispetto a interesse generale. In questa prospettiva, i commons possono essere il laboratorio per una diversa connessione tra il locale e l'extra-locale. Dai risultati emerge la necessità di prestare attenzione alla perdita dei legami comunitari con le risorse collettive che interessa alcuni commons. L'introduzione di alcune trasformazioni nella governance potrebbe ridurre le potenziali disuguaglianze tra i membri dei commons e i nuovi abitanti e permettere l'ingresso di nuove idee, nuove risorse e nuovo impegno dei cittadini negli stessi.
28Il concetto di re-integrazione dei commons nell'economia e nella società (Gibson-Graham et al. 2016, Nyssens e Petrella 2015) permette di prendere in considerazione le richieste di utilizzo delle risorse collettive da parte di abitanti locali e nuovi. Tali stakeholder avviano imprese di comunità su attività che permettono la resilienza dei commons trasformandone l'uso e il significato economico. Il concetto di reinserimento dei commons nell'economia può sembrare scontrarsi con le regole e l'uso "classico" dei commons, perché contiene il rischio di andare verso la mercificazione attraverso un eccessivo orientamento alle imprese al di là degli obiettivi sociali e locali, una tendenza che comunque sta già avvenendo (Jodha 2000). Questo dipende però dal modello di economia che abbiamo in mente. A differenza dell'economia di mercato, gli approcci delle economie di comunità e solidali permettono di valorizzare forme economiche che non si basano sullo sfruttamento e sulla pura monetarizzazione dei rapporti economici. Essi sostengono infatti economie che si basano sulla cura dell'habitat.
29Il presente studio è di natura esplorativa, e consente lo sviluppo di ipotesi di lavoro da approfondire in ulteriori studi. Ulteriore ricerca si rende necessaria per indagare come le trasformazioni possano emergere e avere luogo, quali siano i loro facilitatori e processi, come è stato fatto nel campo dell'innovazione sociale (Secco et al. 2019, Neumeier 2017). Inoltre, sono necessari studi per valutare che tipo di impatti hanno le trasformazioni dei commons in termini di benessere e inclusione della comunità e sostenibilità dell'uso e della gestione delle risorse (Agrawal 2014). In questo articolo, ci siamo concentrati sul territorio del Trentino e sulle sue specificità di percorso di sviluppo e trasformazione. Tuttavia, come ha mostrato la revisione della letteratura in questo articolo, i commons vengono messi in discussione in tutta la regione alpina e in altre aree montane del mondo. Ulteriore ricerca è quindi necessaria per indagare sia più a fondo i casi studio che altrove, al fine di confrontare altre regioni montane e le loro specificità e relazioni con il contesto.